Scultura, pittura, fotografia, street art, video
installazioni e, in omaggio a Prato, “Pietre Prato”, ossia un migliaio di
pietre del Bisenzio raccolte direttamente dall’artista, numerate e disposte per
terra facendoci riflettere sul tema della mortalità.
Tutto questo lo possiamo ammirare al Museo Pecci dove
l’artista britannico Mark Wallinger, celebre per la sua
statua “ecce homo”, che ha occupato
spazi di lusso quali il piedistallo vuoto di Trafalgar Square nel 1999, la Biennale di Venezia nel
2001 e la la scalinata della St.Paul cathedral l’anno scorso, espone la sua
prima mostra personale in Italia.
“MARK”, così l’ha chiamata, con un gioco di parole tra il suo
nome e il significato stesso del sostantivo inglese (“to mark”, lasciare il segno).
Un segno che
l’artista ci lascia, profondo e diretto, con la sua eterogeneità espressiva che
esploriamo in un percorso intenso e che ci fa tornare a casa con molti spunti
riflessivi.
Proprio con la celebre “ecce homo” comincia questo breve
viaggio insieme a Wallinger. Sì, perché non è possibile non riflettere su
quello che ci comunica con opere come la statua o come Self Portait Series, nient’altro che una moltitudine di dipinti
raffiguranti, in diverse tipologie di caratteri e tecniche, la lettera
minuscola “i” (io in inglese).
“Le
opere sono – si legge nella guida – un commento paradossale sull’autoritratto
e sul suo rapporto con l’identità, cancellando l’individualità attraverso una
sua rappresentazione universale”. Una serie di autoritratti che ognuno di noi
puoi sentire suo quindi.
Personalmente sono rimasto svariati minuti davanti a questi dipinti, cercando di capire quello che si avvicinasse più a me. Gli id paintings, per rimanere sempre in tema dell’identità, sono invece dipinti di dimensioni che hanno come lunghezza l’altezza dell’artista e larghezza l’apertura delle braccia dello stesso. Dipinti in modo simmetrico attraverso i gesti delle sue mani sulla tela, questi enormi quadri simboleggiano la connessione stretta tra identità e segno. Belli e intensi.
Potrei elencarvi tutte le opere esposte, che sono le più significative della sua carriera artistica. Perché credo non ce ne sia una che non meriti un commento positivo e su cui intavolare un dibattito, anche con noi stessi. A me è capitato. Mi son posto svariate domande, soprattutto mentre guardavo quelle pietre del Bisenzio numerate e disposte per terra. O mentre, seduto sul divanetto, osservavo il video Thresold to the kingdom, 11 minuti e 20 secondi di persone che escono dal passaggio della zona franca aeroportuale con il canto Il Miserere come colonna sonora. Per non parlare dello slideshow “Mark” di 113 minuti con le 2265 fotografie dove compare sempre la parola Mark in gessetto all’interno dei classici mattoni londinesi. Si rimane perciò folgorati dal concetto di identità che si ripropone sotto numerosi vesti. Il consiglio a chi ama l’arte contemporanea ma anche un po' la psicoanalisi è quello di visitare assolutamente questa esposizione (all’ora di cena, da soli, ancora meglio), che sarà al Museo Pecci fino al 3/6/18.
Per maggiori informazioni sulla mostra visita la sezione 'mostre' del sito Internet Centro Pecci
Andrea Toccafondi - ERBA magazine
Punto Giovani Europa