Anita Scianò è una giovane fotografa italiana nata a Prato nel 1989. Dopo gli studi classici si è laureata in Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e specializzata in Fotografia conseguendo la Laurea Specialistica presso la L.a.b.a di Firenze.
Fin da giovanissima ha sempre ricercato e conservato momenti della propria vita attraverso le fotografie. Il suo principale campo di interesse è il ricordo e come questo può essere rappresentato, espresso e a sua volta perpetuato tramite la fotografia. La figura umana, nelle sue molteplici forme, è da sempre fonte di curiosità ed ispirazione, soprattutto se unita e affiancata a dettagli ed informazioni che narrano la sua origine.
La forma e l'immagine delle persone che ritrae sono sempre sottolineate e sostanziate dalle loro radici e dalle esperienze passate che le hanno rese tali. Suo intento e profondo interesse è scavare nella memoria, nel ricordo, per trovare tracce del presente e delineare pezzi di futuro.
Ad oggi collabora come fotografa free-lance con numerose riviste cartacee e web, occupandosi anche di riprese e montaggio video. E’ membro dell’ Associazione Culturale ‘Sedici’, associazione impegnata nella riflessione e divulgazione fotografica.
Da pochi giorni ha inaugurato il suo nuovo portale che mappa tutto il lavoro fotografico fatto fino ad oggi e ci racconta un po' di lei. Andate a darci un occhio www.anitasciano.com
Voici de quoi. (Fino a che punto.)
Fino a che punto si ha il coraggio di spingere il proprio corpo? Dolore, fame e solitudine generano mostri che si annidano tra la pelle e il corpo.
Durante un timido tentativo di cambiamento l'anima tenta con tutte le sue forze di ribellarsi al corpo, ma continua a cadere. Questo progetto nasce da un’esigenza forte e intima di catarsi, da un bisogno di tornare ad amare il proprio corpo e prendersi cura di sé.
Nove fotografie raccontano lo sforzo delicato e, alle volte sommesso, del corpo che combatte con l’anima nel tentativo di diventare cosa nuova, di depurarsi dai segni indelebili del tempo e delle sconfitte.
L’utilizzo della tecnica della doppia esposizione è particolarmente cara alla fotografa. In questa serie fotografica il corpo umano è autoritratto con inquadrature molto strette, quasi soffocato e imbrigliato in dei contorni immaginari che, in certi casi, rendono quasi difficile immaginare quale sia la parte del corpo ritratta. Ad ogni fotografia è stata sovrapposta un’immagine di elementi naturali e artificiali che si vanno quasi a imprimere sulla pelle creando un gioco di trasparenze e sostanze che un po’ portano avanti, un po’ fanno tornare indietro.
Fino a che punto si ha la forza?
Fino a che punto posso tenerti nelle ossa?
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