Vinicio Capossela, ombre nell’inverno

Lo scorso 8 dicembre in concerto al Politeama di Prato


Immagine locandina tour 2017 Vinicio Capossela
 

“[…] Per quanto scura è la notte
alla paglia deve tornare il mulo […]”

L’ultima volta che sono stato ad un concerto di Vinicio Capossela (e ne ho visti diversi), era l’8 dicembre 2006 al Teatro Saschall di Firenze (Ex Teatro Tenda, attuale Obihall), esattamente 11 anni fa.
Stasera mi sento come fossi un estraneo, un intruso. Avverto quasi un senso di colpa per un debole entusiasmo, se penso ai bei tempi andati.

Tutto incominciò da qualche parte negli anni novanta, con una cassetta di Francesca: fu come ereditare un segreto. Ero di quei ragazzini che proprio non volevano far parte di una massa e, in piena fase pseudo-intellettuale, la cassetta di “All’una e trentacinque circa” si rivelò perfetta. All’epoca il cognome Capossela era impronunciabile ai più e cose tipo “Capochi!?”, oppure “Caposella”, erano le storpiature più comuni. Una meravigliosa e sicura nicchia, un trenino underground (una metro!), ma sempre trenino, che mi salvò da una festa insopportabile. Facevamo proselitismo con le musicassette e proprio quel trenino, col tempo, diventò enorme, innescando una specie di mistificazione dell’artista. Scesi perdendomi consapevolmente la parte migliore del viaggio - come sono fatto male!
Ad ogni modo, stasera, sentirgli dire cose tipo “Piano-bar degli abissi”, mi ha dato la sensazione di ritrovare un vecchio amico sull’Isola di Pasqua e sento nodi che via via si sciolgono, regalandomi finalmente lo spettacolo.

Scansati i filtri mentali, ho davanti a me quelli voluti dalla scena. Teli trasparenti, almeno un paio, che rendono il concerto un racconto proiettato dalle ombre di Anusc Castiglioni, che di sé stessa dice: “Mi occupo di messa in scena poetica dello spazio con lo scopo di aiutare chi lo osserva, lo vive, lo attraversa a fare un’esperienza creativa in prima persona. Provo ad attraversare e a far attraversare al pubblico la soglia d’ombra”. La resa è davvero suggestiva.

La colonna sonora di fiabe, solitudini e gelo, è magnificamente sostenuta dai “soliti” Glauco Zuppiroli, Vincenzo Vasi e Asso Stefana, con i più recenti innesti di Victor Herrero e Peppe Leone.

 
Capossela in concerto al Politeama di Prato
 

Il repertorio è decisamente orientato ai lavori più recenti e la cosa, da vecchio ammiratore, non mi dispiace affatto. La ragione dichiarata è “seguire il filo conduttore dello spettro che si ripresenta nell’inverno”, ma basta a restituirmi l’immagine di un artista devoto alla ricerca e camminante.

La chiusura è affidata ad una potentissima “Il ballo di San Vito”, le quali note finali fanno cadere l’ultimo velo, liberando tra la gente i mostri sul palco. Sparisce Capossela e appare “Sante Nicola”, il quale chiama a sé i mostri, li addomestica e ci benedice, salutandoci con una minimalissima “Ovunque proteggi”.

Che dire, stasera ho visto cose che tu puoi sicuramente immaginarti: “ombre che si allungano alla luce del fuoco di un bidone”, oppure “ombre di spettri e di fantasmi personali”. Momenti che forse non andranno “perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”, perché magari appariranno su Youtube, oppure su un film del concerto, ma vuoi mettere essere abbracciati da quelle ombre?


Sito ufficiale Vinicio Capossela
Pagina FB Vinicio Capossela
Profilo Instagram Vinicio Capossela

 
I saluti finali dello spettacolo di Capossela al Politeama
 

 

Alessio Cerasani - ERBA magazine

Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 22/12/2017

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