Celando per esaltare

Nina Castle ed il suo mondo di carta e tessuto


Nina Castle in contemplazione di una sua opera
 

Nina Castle compare per la prima volta sui muri di Cagliari il 6 febbraio 2017 e gradualmente cerca di spargersi per il mondo. La sua firma sono le maschere, che spesso ricoprono foto retrò o fashion ritagli di riviste. Vive e lavora a Cagliari, classe '80. 

Sei un artista a 360°, spazi dall’arte alla musica. Ci vuoi parlare un po’ di queste due strade che stai percorrendo... quanto queste due vie di comunicazione si contaminano a vicenda?
La musica influenza costantemente qualsiasi attività parallela o nuova decida di intraprendere e mi accompagna da quando sono piccola. Ho iniziato a suonare il basso elettrico all’età di 16 anni, ho avuto diverse esperienze, soprattutto gruppi femminili. Vengo dal punk e da quella che è stata la scena Riot grrrls degli anni ’90. Negli ultimi anni, ho trovato il mio vero grande amore: il contrabbasso, avvicinandomi al genere rockabilly, che suono tutt’ora con la mia band. Il mio percorso musicale lo puoi trovare nei miei collage a partire dalle scelte fotografiche: da Sister Rosetta, Johnny Cash, Wanda Jackson, Jerry Lee Lewis fino ad arrivare a PJ Harvey, Lydia Lunch, Poly Styrene, Diamanda Galàs... tutte vittime passive delle mie maschere.

Dove e quando nasce il tuo percorso da artista e per quale motivo hai sentito la necessità di dar vita all’alterego Nina Castel e di scendere in strada? Quella del collage e della poster art è la tua prima esperienza in strada o già prima avevi tentato altre vie espressive?
Provengo da altre vie espressive più “gentili” ma che hanno riguardato sempre interventi in strada. Interventi che hanno avuto un forte richiamo, soprattutto nella mia città, Cagliari, grazie ai quali continuo a ricevere contatti e proposte. Trattandosi di due lavori completamente diversi, ho sentito l’esigenza di scindere i due progetti, mettendo in piedi il personaggio di Nina Castle. Per lo stesso motivo, preferisco non rivelare il mio progetto parallelo; voglio che Nina viva solo di quello che è e che da, senza nessuna contaminazione o influenza.

Nei tuoi collage le protagoniste sono quasi sempre donne o ‘piccole donne’ alle quali applichi spesso dei passamontagna in tessuto con la tecnica del collage, mettendo in atto un gioco di vedo/non vedo, nascondendo parti del volto e del corpo ed esaltandone altre. È un modo per urlare al mondo la potenza della sensibilità che solo una donna può racchiudere? Ha un significato questa scelta di esaltare gli occhi e la bocca dei tuoi volti al femminile, salvando queste parti dal tuo intervento, trasformandole in fiori o coprendole con mani o altri soggetti? Qual è il messaggio che ci stai lanciando?
In realtà, alla base dei miei soggetti femminili c’è una spiegazione molto intima. Se mi domandassi, quali sono stati i miei miti da quando sono bambina ad oggi, non sarei in grado di fare nomi maschili ma solo femminili. Vedo la donna come una grande forza, la stessa forza non riesco a riconoscerla in un uomo, per quanto possa aver fatto grandi imprese o raggiunto grandi obiettivi. La scelta della maschera, invece, ha radici che fanno parte della mia professione. Nella visione comune la maschera significa volersi nascondere, non mostrarsi. In psicologia, indossare una maschera è una metafora per distinguere diversi tipi di atteggiamenti tenuti nelle diverse situazioni della vita. Un individuo può essere amico, marito, moglie, madre, conoscente. Per questo le maschere non sono intese come un volersi nascondere quanto piuttosto un apparire, mettere in mostra alcuni aspetti di sé che vengono spesso celati. Proprio per questa funzione di nascondere/rivelare, la maschera rappresenta un ottimo strumento di auto osservazione e introspezione ed è in
questo senso che io le utilizzo. Il mio è un lavoro assolutamente personale, nelle mie maschere riverso la mia interiorità, quello che in quel momento sto vivendo o provando. Il fatto che gli altri si ritrovino nel guardarle ha un grande significato di condivisione emotiva per me.

Le tradizioni della tua terra, la Sardegna, sono molto legate al ricamo e al cucito, deriva da questo la scelta del tessuto come materia prima? Oppure ci sono anche altre motivazioni?
Volevo qualcosa nei miei lavori che potesse essere toccata, che oltre all’immagine potesse dare anche una percezione tattile. Prima è stata la lana, poi il tessuto... nel futuro chi lo sa... magari passo ad altro! :)

Cosa e quanto ti lascia l’intervento in strada? Sei un’anima solitaria oppure cerchi alleanza perché credi che l’unione possa generare forza in un ambiente dove spesso vincono altre logiche?
Sono un’anima solitaria, lavoro sola e attacco sola, o a volte accompagnata da massimo una persona. Credo però nelle alleanze anche se penso sia difficile trovare le persone giuste. Sogno? Non lo so... il tempo lo dirà...

Quanto valore aggiunto potrebbero portare alla street art le artiste donne, spesso relegate a ruoli un po’ di contorno in quest’ambiente?
Credo che ci vorrebbero molte più donne impegnate nella street art, in generale in qualsiasi forma d’arte. Bisogna essere coraggiose, provare, sbagliare, rialzarsi e ricominciare. Ma soprattutto condividere e aiutarsi, in modo particolare tra “colleghe”.

Nina Castle è nata da poco ed è in continua evoluzione... hai già nuove idee per la tua arte? Vuoi raccontarcele?
Nessuna anticipazione, preferisco così... sicuramente continua lo studio, la ricerca e la voglia di migliorare e osare.

 
opera di Nina Castle in combo con Zetaistheletter, Obey Giant, BNE e altriopera di Nina Castle
 
opera di Nina Castleopera di Nina Castle
 
opera di Nina Castleopera di Nina Castle
 
opera di Nina Castleopera di Nina Castle
 
opera di Nina Castle in combo con C_skaopera di Nina Castle
 

IN EVIDENZAPer conoscere l'arte di Nina Castel:
Pagina FB NinaintheCastle
Profilo Instagram _nina_castle_

 

Francesca Nieri - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 29/5/2018

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