In un comune come Prato con 195.000 abitanti, il 20% della popolazione è cinese. Consideriamo che questa città accoglie la maggiore comunità cinese d'Italia, che dopo Parigi e Londra, è la terza città europea con il maggiore numero di cittadini cinesi. Come mai Prato attrae tanti cinesi?
Lo sviluppo dell'immigrazione cinese a Prato, verificatosi a partire dal 1990, non è stato determinato solo dagli arrivi provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese ma anche dai numerosi arrivi da varie città italiane o europee. La maggioranza dei cinesi presenti sul territorio pratese proviene da una zona circoscritta del Zhejiang, una regione della Cina meridionale, e in particolar modo dalla città da Wenzhou. Più precisamente, le prime comunità cinesi che all'inizio dello scorso secolo si stabilirono nei paesi dell'Europa continentale provenivano per la maggior parte dall'aerea di Wenzhou. I primi cinesi arrivarono in Francia per prendere il posto degli operai francesi partiti per il fronte della Prima Guerra Mondiale. Alla fine del conflitto, molti di loro decisero di rimanere là, dando inizio a un flusso migratorio che ha portato alla creazione della prima comunità cinese in Europa.
Negli anni novanta, Prato ha assistito ad un boom di immigrazione dalla provincia del Zhejiang in occasione dell'approvazione di alcune disposizioni di legge, che prevedevano la regolarizzazione degli immigrati. In questi ultimi decenni la tipologia migratoria ha subito dei cambiamenti, se in passato solo gli uomini emigravano, oggi sono interi gruppi familiari a spostarsi. I bambini nati a Prato da genitori cinesi già oggi sono più di 1300, il 18% della comunità.
I cinesi sono impiegati come operai nel settore tessile, che costituisce un quarto dell'industria locale. La produzione tessile a Prato corrisponde al 27% del fatturato totale nazionale in questo settore e il 15% di tutte le esportazioni. Principalmente, dai cinesi sono stati creati laboratori tessili all'interno di confezioni, a differenza delle tradizionali aziende pratesi che si dedicano a fare tessuti e stoffe. Secondo i dati elaborati dalla Confartigianato di Prato nel mese di giugno dal 2008, le aziende cinesi erano 3.900, e malgrado la crisi, il numero di aziende sta continuando a crescere.
A Prato, la maggiore parte dei cinesi abita nella zona di via Pistoiese, popolarmente conosciuta come "Chinatown", una zona dove si sono stabiliti gran parte dei negozi cinesi. Tra il centro e la periferia, in questo quartiere la cultura ed i sapori italiani sono stati sostituiti da quelli orientali. È difficile vedere un'azienda con un'insegna scritta solo in italiano. Purtroppo, passeggiando per il quartiere sembra che l'italiano sia straniero nella sua terra.
Con questa realtà multietnica in continua crescita - a Prato abitano anche più di un centinaio di africani - la città deve convivere, e lo fa con pragmatismo e tolleranza. Un esempio di convivenza si è avuto nei giorni di Pasqua, quando il passato Venerdì Santo si è celebrata la tradizionale "Via Crucis" nella "Chinatown". La liturgia in lingua cinese è stata pronunciata dal vescovo Monsignor Simoni. Inoltre, la comunità cinese, impressionata dalla tragedia del terremoto in Abruzzo, in segno di solidarietà ha raccolto 34.000 euro per gli sfollati.
Insomma, per un ottimo adattamento in un nuovo paese sono indispensabili due requisiti essenziali: il rispetto e l'integrazione con la cultura e la lingua locale. Se una nuova comunità non si adatta a questi presupposti, si incide negativamente sulla convivenza ed esiste il rischio che la comunità si chiuda in se stessa e diventi un ghetto. La società, la comunità straniera e le istituzioni pubbliche ne sono responsabili e devono fare in modo di adoperarsi affinchè ciò venga evitato.