Sanremo che delusione

 

 
È finito il Festival della Canzone Italiana e a molti pare aver lasciato l'amaro in bocca.
 
Forse pensare che il Festival sia soltanto il Festival, dove cantanti italiani si esibiscono e gareggiano, dove il televoto è davvero quello del "popolo sovrano", come ci ricorda mamma Antonella, dove il migliore vince indipendentemente da quanti soldi ha...è sognare!

Certo, nessuno è fesso, ma gli addetti ai lavori potrebbero fare lo sforzo di recitare un po' meglio, almeno quanto basta per infiocchetare la farsa che l'Italia ha visto andare in onda.

La televisione, quale mezzo che contribuisce alla globalizzazione portando la nostra cultura nel mondo, non solo ha rotto i confini spazio-temporali, ma ha anche rotto, o sta rompendo, i confini tra la sfera pubblica e quella privata.
 
Così, mentre qualcuno si lamenta dello scarseggiare di programmi per ragazzi, qualcun altro suggerisce ricette per cucinare i gatti, mentre continuano a volare bestemmie nei reality, a stappare spumante in Parlamento, anche Sanremo non poteva certo passare inosservato.

Quest'anno l'escamotage per far parlare, nel bene e nel male, lasciando per un attimo da parte la conduttrice extra large, è stata l'orchestra. Patetica pantomima messa in scena con spartiti che volavano sul palco all'eliminazione di Malika Ayane e Noemi. L'avranno forse fatto per rappresentare i veri voti del pubblico e bilanciare la scandalosa seconda posizione del trio patriottico?

Palesi sono stati i segnali che preannunciavano la vittoria di Valerio Scanu, a partire dal "vengo sabato" di Pierdavide Carone, concorrente di Amici, per finire col "mi dispiace" di Marco Mengoni vincitore della terza edizione di X-Factor.
 
Abbiamo capito che in tv "De Filippi rules" ma si sta esagerando, dopo la vittoria di Marco Carta e Valerio Scanu, Pierdavide Carone dovrà fare passo.

E se Antonella Clerici, a proposito della sua conduzione del Festival, dice: "è stato anche per me un trionfo, così dicono", farebbe bene a ripeterselo bene quel "così dicono", infatti, la scelta mediatica di elogiare il Festival ha avuto spazio grazie all'incesto oramai noto Rai-Mediaset. Tutti sanno fare ascolti senza la concorrenza, ma i fischi dalla platea dell'Ariston si sono fatti sentire ugualmente.
 
Emanuele Filiberto, insieme a Pupo e Luca Canonici, che canta Italia amore mio può sembrare una presa in giro, ma a far sorridere è più l'inspiegabile dilemma: come hanno fatto tutti quei fischi a portare il trio in finale? Forse era meglio cantare "Call center amore mio".

Che dire, infine, di Povia? Il cantante, quasi noto più per il suo essere strumentalizzato e al centro di dibattiti, ma anche per la sua ineguagliabile mimica, quest'anno è stato messo un po' da parte. Eppure un tema come l'eutanasia poteva alzare un polverone, probabilmente era il momento di qualcun altro, ad ogni modo complimenti.




Noemi Neri - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 11/1/2017

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