Carabine

 

 
La stanza è piccola e, come anticipato dal programma di sala, tutto sarà affidato ad "una dozzina di sedie sparse per il palcoscenico". Una luce bassa ci accompagna in questo ambiente "intimo". Tra lo spazio scenico e il pubblico, la frontiera è tenue. E' praticamente inesistente, invece, la distanza che separa il pubblico dagli attori. 

Si spengono le luci e un rumore di una palla di tennis sbattuta contro un muro rompe il silenzio. Inizia così, con un gioco quasi infantile, la performance che vede tre attori chiamare a se il Principato della Danimarca mentre si lanciano le palline...quasi come una lotta. Il pubblico, che fa praticamente parte dello spettacolo, soffre anche le conseguenze di questa "guerra". 

Tre attori sono impegnati nello spettacolo, ma quasi sempre agiscono in scena singolarmente. Le sedie sul palco sono l'unico elemento che divide lo stesso spazio scenico in due parti. Perchè? Servono solo per delimitare il confine per infrangere le palline sul muro bianco? Si sente un po' la mancanza di un filo conduttore... All'inizio è difficile cercare di cogliere una storia che sembra non esistere... 

Abbastanza interessante il rapporto degli attori con il pubblico. I protagonisti sembrano "usare" lo spettatore come parte integrante della scena per alimentare ancora di più l'idea iniziale dello spazio intimo. Siamo ospiti di quella scena?! Nonostante la fantasticheria creativa e il "non sense", gli attori sembrano riuscire nel loro intento.

Un saggio sul teatro alternativo con poca consistenza. È bello provare la diversità, ma è ancora più bello quando si studia questa diversità per evitare di offrire al pubblico un lavoro così povero!



Rafaela Canete - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 27/6/2016

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