Loomière: Incontri di teatro e danza. Cap. 3

 

Serata conclusiva della rassegna Loomiére presso The Loom-Movement Factory. Dopo le peformance di Françoise Parlanti, Sabrina Mazzuoli e Sara Nesti, con la danzatrice Olimpia Merciai, il pubblico ha avuto la possibilità di parlare con le artiste, che hanno risposto a domande sui propri lavori ma anche in generale sulla danza contemporanea e sullo stato dell'arte in Italia in questo preciso momento storico.

 
foto di scena
foto di Darragh Hehir

Sabato 16 Febbraio
Pensiero liquido
Coreografia: Françoise Parlanti
Interprete: Françoise Parlanti
Musiche: Armand Amar, Shahar
Editing musicale: Fabio Marrazza
Scenografia: Françoise Parlanti, Saida Sorini
Costumi: Oretta Ciani

Un mare d'acqua circolare, fatto di stoffa, una luce azzurrina di fondo e un corpo che si muove con gesti calmi, morbidi, concentrici, che si ripetono.
Sono gesti rituali, purificatori, come l'acqua su cui si muove.

E dando vita a una sequenza quasi mistica il corpo si sposta verso l'interno di questo cerchio d'acqua, si spinge necessariamente verso il centro della terra, o dell'acqua, da cui tutto nasce e muore. Così dalla semplicità dei gesti quotidiani l'attenzione è adesso a un bisogno più profondo, un'urgenza di cambiamento. In un crescendo espressivo questo corpo infatti trascende, si purifica, perde i contorni e rinasce. Rinasce in una dimensione nuova, pura, come una ninfa d'acqua, in un vortice liquido. 
 
Il lavoro di Francoise Parlanti nasce da una ricerca personale sull'acqua, un tema che offre un'infinita varietà espressiva, ma che la coreografa a scelto di sviluppare a partire dalla semplicità dei gesti quotidiani, come lavarsi il viso o le mani. Da questi gesti ormai automatici nasce lo spunto per qualcosa di più ampio, l'acqua come strumento per il cambiamento, per il rinnovamento.
 

 
 
foto di scena
foto di Darragh Hehir

Ora, è un sole perfetto         
Uno studio sulla consequenzialità, sull'adesso e sull'attesa del poi;
su "questo momento" e sul suo prima ed il suo dopo.
di e con Sabrina Mazzuoli
 
Vorrei vedere tutto, toccare tutto, odorare e assaporare tutto ciò che questo rigoglio estivo offre, vorrei conservare tutto questo e tenermelo per l'inverno, per i giorni e gli anni futuri, per la vecchiaia...
 
Il testo di "Ultimi giorni d'estate" di Hermann Hesse è l'incipit del lavoro della danzatrice e coreografa Sabrina Mazzuoli, con cui ho avuto la possibilità di scambiare alcune impressioni dopo la sua perfomance. Un lavoro che parla della fine. Ma che indaga sul presente e sulle mille possibilità che questo offre.
 
Lo spunto della ricerca nasce da un riflessione sul tempo presente, sul qui e ora. Come nasce l'idea di questo lavoro?

Sono partita dall'idea della difficoltà umana del vivere il momento "adesso"  e quindi anche sulla consequenzialità di questi "presenti", e quindi anche sulla fine...sulla fine di qualcosa, di un'istante. Cosa c'è poi, cosa c'era prima ? M'interessa ? Qual è la trasformazione? 
 
Osservando la tua coreografia si nota una prevalenza di silenzio scenico, in cui solo il corpo produce un suono, qual è stato il motivo di questa scelta?
 
Ho deciso di muovermi poi nello spazio in silenzio perchè trovo che vivere il momento e vivere la sua trasformazione in qualcos'altro ed osservarla sia qualcosa di sincero e onesto e ho pensato di mettermi in scena con meno fronzoli possibili, onestamente, vedendo un pò cosa accadeva appunto in quel momento.
 
Qual è il processo creativo del tuo lavoro? Hai affermato che hai preferito lasciare buona parte del lavoro improvvisato...
 
Il lavoro parte si da un'idea ma poi comunque si modifica,arricchisce,cambia parecchio durante il processo... e sono partita nella ricerca completamente improvvisando poi pian piano però è stata strutturata una coreografia di base che è però disponibile a cambiamenti.
 
La disponibilità ai cambiamenti e la continua ricerca di un movimento, del gesto, un tornare indietro e ripercorrere il cammino lasciato un attimo prima, per poi andare avanti di nuovo e questo utilizzando varie parti del corpo, con l'attenzione prima a un punto poi a un altro...com'è legata questa scelta al momento presente?

Si il lavoro sull'articolazione, che è basilare, si porta dietro un'idea anch'essa molto basilare: mi dedico ad un punto del corpo alla volta, in quel momento sto su una cosa e poi vedo da questo imput come reagisce il resto del corpo, che eco dell'accaduto viene fuori
 
Nella seconda parte del tuo lavoro utilizzi un video in cui sei ritratta mentre esegui alcune parti della coreografia, ma con tempi diversi, con continue accelerazioni fino ad un'immagine conclusiva in cui si crea un raddoppiamento tra il video a la scena che il pubblico vede.
 
Il video è venuto fuori dopo, come possibilità appunto di tornare indietro, andare avanti, o anche stare, fino all'immagine finale che si, potrebbe essere uno sdoppiamento, sono io ma in un altro Momento, io ma diversa perchè in un tempo diverso oppure anche io in quel momento, io qui e ora...

 
 
foto di scena
foto di Darragh Hehir

EmptyFull - studio sul vuoto
Coreografia Sara Nesti
Danza Olimpia Merciai
Video Darragh Hehir

Secondo le filosofie orientali l'essere vuoto non è negativo, anzi è la condizione senza la quale un oggetto, un essere vivente non potrebbe essere tale. Dice Lao Tzu "Quando la ruota del vasaio fabbrica un vaso, l'utilità del vaso è precisamente là dove non c'è nulla". Il vuoto, lo spazio diventa così fondamentale per il movimento. Questo lo spunto creativo per Emptyfull, un lavoro sul vuoto in cui il corpo si muove, sullo spazio che crea e sullo spazio al suo interno. Il contrasto tra pieno e vuoto tradotto nel movimento. La danzatrice, Olimpia Merciai, appare in scena con vestiti differenti tra loro, una scarpa col tacco, un colbacco, una giacca. Un "pieno" o forse un "troppo" che perderà via via, per lasciare spazio al vuoto e alle infinite potenzialità che questo crea. Si creerà spazio nel vuoto, lasciando tracce che creano un percorso personale a cui fare ritorno. 

Perchè il vuoto e l'assenza, o meglio la non presenza, rende possibile qualsiasi cosa. Mentre il pieno, l'accumulo impedisce il movimento, lo blocca, costringendolo all'immobilità. Nel lavoro di Sara Nesti c'è quindi l'intenzione di far riflettere sull'importanza del vuoto delle cose,sulla loro valenza creativa e vitale.

 
 

Mariagiulia Da Riva - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 27/6/2016

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