“Sono feroce, non parlo per non urlare, vi graffierei, vi scannerei, vi mangerei”. Pensieri, emozioni e segreti che passano per il sottobosco della psiche materna di Hänsel e Gretel, spettacolo per ragazzi andato in scena al Teatro Fabbricone sabato 4 febbraio 2017.
Non più matrigna dunque, ma vera madre e allo stesso tempo strega: entrambe malvagie, o così all'apparenza. Perché talvolta si devono fare scelte difficili, sacrifici, personali e intimi. Silenziosi. Alla fine, nessuno spinge la cannibale nel fuoco. É lei stessa che lo fa, almeno qui. Sacrifica se stessa per lasciar vivere – e crescere - i suoi ospiti/figli. Come forse non aveva fatto all'inizio. É un viaggio evolutivo non solo di H e G, ma anche della figura materna-strega: due personaggi ma solita anima, due facce della stessa medaglia (e stessa attrice per l'appunto). Il padre invece è una figura marginale e inerme, un vecchio uomo senza potere né volere, vestito con una tunica nera da prete. Sempre di nero è l'austero abito della madre che però lascia la scena a una diversa veste (bianca e verde, pizzo e velluto) con l'avvenire della strega; solo il cappello in testa rimane tinto di scuro. E le nasconde il volto.
Dove è scritto che la madre è buona e la strega cattiva? Qui si ribaltano i ruoli o il loro senso. La madre impugna un forcone, graffia una lastra metallica facendoci rabbrividire, uno sguardo spesso tagliente e freddo come le movenze robotiche. La strega invece è quasi umoristica appena appare in scena, volta sicuramente a sdrammatizzare la sua insana reputazione; è un essere che ci incute meno timore: si muove quasi danzando, è più morbida e innocua. Alla fine decide di incedere nel forno da sola, senza nessuno dietro che la spinge o la inganna: in una rossa luce simbolo di un fuoco che scioglie, trasforma e purifica.
Una fiaba quella di H e G che è un rito di iniziazione, della vita e della psiche, vero e proprio. La trama si conosce, due bambini che, abbandonati dai genitori in un oscuro bosco, superano prove via via più difficili, per “tornare a casa”. Poi c'è tutto un sottotesto, dove le prove che si affrontano non sono nel mondo esterno, ma con se stessi e non per recuperare, ma per trovare un luogo scuro, caldo, pieno di amore, ossia per crescere e conoscersi davvero. La prima casa a cui tornano, quella dei genitori, li risputa fuori immediatamente e li rimanda a perdersi nella foresta. Accettando il loro “destino” vanno avanti e ne incontrano un'altra. Che vuole invece trattenerli, inghiottirli - quella fatta di marzapane - ma non c'è amore. Neanche questa va bene. Alla fine la trovano la loro Casa - casa dolce casa - apparentemente la stessa, ma che grazie al viaggio iniziatico è cambiata, per sempre diversa, dentro e fuori. Qui rappresentata, anzi proprio disegnata semplicemente dai due attori protagonisti, su una lavagna con un gesso bianco.
Nello spettacolo nulla è lasciato al caso, gli abiti sono curati nei loro dettagli, con una palette di colori ben definita, tutto è “in tinta” assieme alla scenografia che si trasforma con la storia e i movimenti degli attori. Luci e suoni, ma sopratutto parole e dialogo parchi e precisi.
Gli attori che si immedesimano in H e G sono emozionanti, ti penetrano dentro, nonostante le poche parole (mischiate ai suoni della natura e urlate in tedesco), i loro sguardi, i loro gesti, i loro passi, il loro vibrare, tutto il loro corpo si esprime e ti parla. Ma anche gli altri attori, misurati e dosati, ti lasciano la sensazione che tutto quello che e come lo interpretano, doveva essere fatto così.
Uno spettacolo per tutti. Gli adulti, sicuramente conquistati, si chiedevano se fosse poi così indicato per i bambini. Penso di sì. Oggi alcuni di loro sono troppo protetti, edulcorati e spettacoli come questi, viscerali, servono (altri bambini purtroppo sono invece troppo partecipi di violenza e realtà, ma difficilmente sono quelli che frequentano i teatri e la cultura in generale; e che forse sono proprio loro i segreti interpreti di questa storia...). Spettacoli che sono veicolo per riflettere, ma sopratutto per vivere l'empatia, per provare compassione, per capire cosa si nasconde dall'altra parte, quella oscura che investe tutto, persone e natura.
A volte lo spettatore si sente impotente, testimone muto e triste come spesso accade nella realtà, che nulla fa anche se dovrebbe, di fermare orrori e ingiustizie, anche per via di quegli spalti su cui si è relegati ai lati del palco, che diviene una striscia mutevole: a volte casa, a volte sentiero, o solo un pezzo di tratta di quel viaggio, del racconto celebre - eppure anche intimo e personale - che ognuno di noi può compiere.
Liberamente ispirato a Hänsel und Gretel dei fratelli Grimm.
Premio Eolo Award 2016 "Migliore novità di teatro ragazzi e giovani".
Regia, scene, luci e costumi di Alessandro Serra;
con Chiara Michelini, Maria Magdolna Johannes, Michael Untertrifaller, Rodrigo Scaggiante, Lorenzo Friso;
Uno spettacolo co-prodotto da Accademia Perduta/Romagna Teatri e Accademia Arte della Diversità/Teatro La Ribalta in collaborazione con Compagnia Teatropersona.
Eugenia La Vita - ERBA magazine
Punto Giovani Europa