Se non son ‘Matti delle Giuncaie’ non si vogliono…

L’Hard-Folk maremmano sul palco di Officina Giovani questo venerdì

 

Sono I Matti delle Giuncaie la band maremmana che vedremo protagonista della serata di questo venerdì 10 marzo per On Stage Musica ad Officina Giovani. Questa band dalle sonorità Hard-Folk è contaminata da tante e varie influenze, prendendo e riadattando generi musicali tra i più variegati, con collaborazioni internazionali e non, rendendo ogni brano un’esplosione di energia e ricchezza musicale. La band è composta da quattro musicisti, tutti provenienti dalla bellissima terra per cui sentono una fortissima appartenenza, la Maremma, e sono: Lapo Marliani, Francesco Ceri, Andrea Gozzie Mirko Rosi.

La loro discografia e storia di concerti costituiscono un biglietto da visita di tutto rispetto; dal 2010 con l’uscita del primo album completamente autoprodotto lappappà, al secondo lavoro, un EP uscito nel 2012, Il Bagno Nella Canapa, per arrivare poi agli ultimi due album: nel 2014 esce Cignal Patchanka su etichetta Vrec e, infine, il secondo album su etichetta Vrec, nonché il loro ultimo lavoro uscito a marzo del 2016, Noi Non Siamo Stanchi.
Quest’ultimo album rappresenta benissimo l’evoluzione di una band che ha investito tutte le proprie energie nel portare avanti un’identità ben precisa e un genere musicale aperto a diverse contaminazioni e collaborazioni; questo album, più di ogni altro loro lavoro, rispecchia le bellissime esperienze vissute dalla band negli ultimi anni, suonando per il mondo, vedendo con i propri occhi tanta diversità tutta da assorbire e rendere propria unendola alla loro origine maremmana. Inoltre, hanno suonato con grandissimi artisti italiani, come Candida Nieri, Riccardo Brizzi, Gogol Bordello, Muchachito Bombo Inferno, Modena City Ramblers, Marco Calliari, Bandabardò e molti altri ancora.

Per scoprirne di più e conoscere meglio l’essenza e l’idea dietro al lavoro de “I Matti Delle Giuncaie”, ho avuto il piacere di parlare con uno dei componenti della band, Lapo Marliani, che è stato molto disponibile nel rispondere alle mie domande.


La vostra musica è un’incredibile brivido di energia, trasuda frenesia, sensualità, positività, proprio grazie alle diverse influenze che vi caratterizzano, un folk complesso, denso di diverse sfumature; per non parlare delle collaborazioni internazionali presenti nell’ultimo album, Noi Non Siamo Stanchi, che aggiungono una certa ricchezza, perfettamente coerente con il resto dell’album. In che modo le collaborazioni presenti in questo album hanno influenzato la vostra musica e il modo di concepire la struttura di un pezzo? 
Ogni canzone ha una storia a sé stante, per esempio Tango Orango con Enrico “Erriquez” Greppi, della Bandabardò, è un brano che già esisteva, Erriquez se ne è innamorato, così ha voluto aggiungere e scriverne il testo. Come si vede, infatti, la parte strumentale rimane così, l’originale che già c’era. Per il brano Shawarma, invece, ci è venuto in mente di sviluppare il brano già esistente con il contributo di una band che a noi piace molto, la marching balkan band Zastava Orkestar, “molto zingara” che ci pareva stesse molto bene. Per quanto riguarda il brano Que Bel Québec, anche lì siamo partiti da un brano concepito da noi, ma con l’aiuto di Marco Calliari abbiamo voluto rendere omaggio ad una terra, appunto il Québec, che ci ha voluto tanto bene, quanto gliene vogliamo noi. Il brano, però, sicuramente più contaminato è Uz Ti Sceglie, parte del progetto“Metamorfosi”, in cui i brani venivano scambiati e ritoccati a più mani, qui si sente veramente una fusione diretta tra la nostra band e i 17 Hippies. Insomma, possiamo dire che ogni collaborazione è sempre uno stimolo.

Sia dalla vostra musica che dai testi, si evincono un esplicito amore e una forte appartenenza al vostro territorio di origine, la Maremma. Come riuscite a far conciliare la Maremma e i bellissimi posti nel mondo che avete visitato e in cui avete suonato?

Lo facciamo con la fantasia. Insomma, la Maremma è semplicemente stupenda, ma ha i suoi “contro”, parliamo di un luogo che si trova in provincia e ciò ci fa rendere conto della nostra lontananza dai cosiddetti “stimoli veri”, quelli diretti. Allora, ci mettiamo in riva al mare e immaginiamo altri posti, altri luoghi a cui arrivare. Penso che proprio questo luogo, Follonica, questa parte della Maremma, dia adito a pensare ad un altrove e, noi che siamo musicisti, cerchiamo di materializzare tutto ciò nei nostri brani. L’amara Maremma a volte ci fa pensare ad un altrove.

 

Come vivete questo rapporto personalmente?
Probabilmente ognuno direbbe qualcosa di diverso. Io, per quanto mi riguarda, apprezzo tantissimo la terra in cui sto, in cui vivo, ma appunto ha dei difetti ed è giusto riconoscerli. Il provincialismo si fa sentire, si fa sentire una leggera chiusura mentale; Follonica non ha una grande storia, non ti permette di avere, a mio avviso, un’identità forte come può sentirla qualcuno di Firenze, proprio per questo si sente l’esigenza quasi naturale di spingersi verso “altri mondi”, realtà differenti. Andando in giro soddisfiamo quest’esigenza, inoltre, proprio così possiamo apprezzare quello che solo in Maremma si può trovare, un tipico esempio è la cucina! I tortelli maremmani, il cinghiale in umido… Tutto ciò di più tipico ed unico della nostra tradizione che, davvero, è imparagonabile. A me piace molto, tra l’altro, unire questi due mondi, la musica e la cucina, o comunque fare delle assonanze. Comporre un brano è come preparare un piatto secondo una ricetta, ci sono tutta una serie di ingredienti che scegli a seconda dell’effetto finale che vuoi ottenere.

La vostra musica e le vostre sonorità esprimono molto dei vostri viaggi. Nel corso degli anni, delle vostre esperienze di innumerevoli concerti e collaborazioni con altrettanti grandi nomi, cosa più vi ha impressionato? Quali sono le cose che tutto questo vi ha insegnato e che vi porterete dietro per sempre?
Tanti sono gli aneddoti importanti, che ci hanno segnato e che fanno parte ormai del nostro bagaglio culturale e di esperienze. A livello di emozione, primo tra tanti, fu quando aprimmo per i Gogol Bordello. Eravamo così emozionati che ci dimenticammo anche di presentarci e dire chi eravamo.
A me colpì molto quando, durante il nostro primo viaggio in Québec, ci riscontrammo con una società che vede e vive la musica in maniera molto diversa da noi, lì viene molto considerata, è importante, costituisce un’esigenza per la società. Questo è un elemento che, secondo me, qui in Italia, o almeno da noi, manca. Sarò di parte perché musicista, ma davvero lo percepisco così. Una realtà simile a quella canadese l’abbiamo riscontrata anche a Berlino, tu suoni e loro ti ascoltano - sembra scontato, ma non lo è - non stavano a parlare l’uno con l’altro, a farsi i propri affari, ascoltavano veramente. Del Québec, comunque, davvero ci colpì la professionalità, per esempio dei tecnici del suono, ma soprattutto quando, ospiti in una radio locale, ci fecero sentire “serviti e riveriti”, ci dimostrarono tanto rispetto. Qui in Italia non succede proprio così. Forse da noi c’è più disinteresse, diciamo che la musica è vista in maniera più rigida: c’è la musica che si studia in maniera classica, tradizionale e chi fa il musicista diversamente e per questo non viene considerato come qualcuno che possiedo un impiego, “un lavoro vero”. Proprio per la situazione che abbiamo riscontrato in patria, ancor più ci colpì la situazione in Québec; un altro esempio che fa capir bene il tipo di legame tra musica e società, era l’evento “Croissant Musical” in cui suonammo, un evento di mattina, suonammo alle 11, in cui la gente poteva venire e usufruire di colazione e concerto completamente gratuiti. Almeno, così era diversi anni fa, poi le cose, si sa, cambiano col tempo e con i cambiamenti del governo, ma comunque continua ad essere un luogo pieno di stimoli. Secondo me, una volta imparato a vivere nel nostro Paese, l’Italia, uno è in grado di vivere ovunque.

Uno dei vostri motti è “divertirsi suonando”. Ad Officina Giovani, quindi, gli spettatori cosa dovranno aspettarsi? E, voi, cosa vi aspettate?
Ci aspettiamo di condividere. Condividere una serata di musica in totale allegria, “I Matti” son matti in questo senso. A volte si può creare un muro trasparente tra chi suona e chi ascolta, ma quando la musica esce e rompe questo muro, non importa più chi sta suonando e chi la sta ricevendo, se ne gode tutti insieme. Questo è ciò che noi vorremmo, muovere questo ingranaggio e passare così un serata di divertimento.

Il vostro ultimo album “Noi Non Siamo Stanchi” sta ormai per compiere un anno, cosa vi aspetta nel prossimo futuro?
Abbiamo vari progetti per il prossimo futuro. Ora, quando possiamo, suoniamo e giriamo con Francesco Moneti, il violinista dei Modena City Ramblers, una collaborazione nata a seguito di Noi Non Siamo Stanchi, che speriamo potrà essere una collaborazione ancora presente nei prossimi lavori. Ad Ottobre torneremo per la terza volta in Canada ed è sempre un piacere e una forte emozione. Adesso, invece, iniziamo a pensare e a concepire del materiale nuovo, vedremo verso che parti ci dirameremo questa volta.


Questo è davvero un appuntamento da non perdere, Venerdì 10 marzo appuntamento dalle ore 22 ad Officina Giovani con “I Matti delle Giuncaie”.



Per conoscere il gruppo:
I Matti delle Giuncaie



 

 

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Ultima revisione della pagina: 7/3/2017

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