La sera di domenica 12 novembre, dopo l’intensa giornata, ripensavo a tutte le volte che, mentre tornavo a Vernio da Prato, vedevo quella scritta enorme campeggiare sulla facciata della fabbrica abbandonata laggiù, in fondo a destra, prima della curva: “Lanificio Val Bisenzio”. Si può cogliere benissimo per qualche secondo, in rosso porpora.
Forse, essendo del posto, avrei dovuto anche vergognarmi di non esserci mai andato. Di non sapere nemmeno la sua storia. Di come, a fine ottocento, un imprenditore biellese di nome Angelo Peyron, scelse di investire proprio nell'Alta Val Bisenzio. Domenica ho colmato questa mia lacuna di cultura locale grazie a Giuseppe Guanci che ha raccontato per filo e per segno la storia del Lanificio Peyron fino alla sua decadenza. L’ho fatto partecipando all’ultima tappa del gran tour di TAI,Tuscan Art Industry, uno dei progetti figli di Chiara Bettazzi e del suo Studio Corte 17.
Ma andiamo per gradi.
Al Peyron arrivo in perfetto orario, ore 11:00. La risposta di persone è buona, molto buona. Molti sono del settore, cioè architetti. Diciamo che in quella situazione io ci sto come il cavolo a merenda, o quasi. Ad aspettarmi c’è la mia amica Federica Cerella, che collabora con Chiara Bettazzi e ha svolto un lavoro certosino di mappatura industriale per Industrial Heritage Map. Ci arriverò alla fine, quando le due ragazze hanno deciso di concedermi un quarto d’ora per spiegarmi un po’ questa serie di progetti da applausi. Al Peyron il professor Guanci ci ha illustrato a parole quello che ha rappresentato questo edificio per la vita della Val di Bisenzio. Entrare e vedere quelle masse di pezze pressate una sopra l’altra fino al tetto fa un certo effetto. Segno di un tempo che non c’è più. Ci ha spiegato di come Peyron costruì il suo lanificio sulle fondamenta di un vecchio mulino appartenente ai Conti Bardi, risalente al XVIII sec. e di come costruì una vera e propria città industriale all’avanguardia (e motivo di vanto) per quei tempi.
Finito l’incontro al Lanificio ci spostiamo tutti al Circolo Stella Rossa di Mercatale di Vernio per una tortellata reale. Tra un chilo di tortelli e un altro, ho avuto modo di conoscere un po’ di persone che ruotano intorno a questo mondo e ne sono rimasto senz’altro colpito.
Nemmeno il tempo di digerire che ci muoviamo, rotolando, verso il MUMAT, il Museo delle Macchine Tessili, allestito all’interno dell’Ex Meucci, sempre a Vernio. Qui abbiamo avuto modo di comprendere la storia tessile della Val di Bisenzio grazie all’esposizione dei vari macchinari tessili utilizzati nei due secoli precedenti a quello attuale. Un luogo di archeologia industriale che va preservato per l’interesse di tutti. Sempre al MUMAT è stata esposto materiale d’archivio e gli elaborati del workshop di pittura di paesaggio industriale condotto da Lorenzo Banci nella prima tappa (3-10 ottobre) di questo Grand Tour.
Mi avvicino così al gran finale, all'ex fabbrica Forti a La Briglia, a pochi km da Prato. Mentre i tecnici stanno ultimando la installazione delle luci, ho modo di scambiare due parole con Chiara Bettazzi e Federica Cerella, che mi illustrano il progetto TAI e l’installazione che verrà realizzata da Tempo Reale all’interno del fabbricato.
“Sono un’artista e negli anni ho lavorato su questo aspetto del paesaggio industriale attraverso l’arte contemporanea” – comincia a spiegarmi Chiara, con il suo maglione oversize arancione e lo sguardo rivolto verso i tecnici all’interno della fabbrica – “Negli ultimi tre anni sono arrivata alla realizzazione di questi progetti come il TAI attraverso la collaborazione con molte figure professionali come Federica per quanto riguardo la mappatura industriale. Nasce tutto però dall’esperienza che ho vissuto all’interno della Corte di via Genova e della riattivazione di questa che, quando mi insediai una quindicina di anni fa, era del tutto abbandonata. Iniziai a “viverci” con tre musicisti e, col tempo, altri creativi si appassionarono a questo luogo potendo, così, cominciare a fare degli eventi artistici condivisi di un certo spessore”.
Nasce così per Chiara il concetto di riattivazione. Il suo “SC17” non è altro quindi che un progetto di ricerca che sperimenta sempre nuovi formati di condivisione per sviluppare nuovi progetti legati all’arte contemporanea e all’archeologia industriale.
“TAI è uno di questi progetti e si occupa principalmente del territorio” ricomincia Chiara. Nei suoi occhi posso percepire la passione di chi ci mette anima e corpo. “Nasce due anni fa e si propone di riunire artisti di ogni livello a lavorare insieme per arrivare a un nuovo concetto di riconversione produttiva delle fabbriche come questa in cui ci troviamo adesso”.
Federica Cerella mi espone così come sono arrivati a questo Grand Tour del 2017. “Il mio lavoro per Industrial Heritage Map, altro progetto all’interno di SC17, ha visto un totale di 154 fabbriche mappate in tutta la provincia di Prato. È nata così l’esigenza di coinvolgere quante più realtà possibili: dal Polo Campolmi alla ex fabbrica Forti, passando per la Gualchiera di Coiano, il MUMAT e il lanificio Peyron”. “Stasera questa performance prevede due video installazioni” - continua Federica sottolinenado “una del repertorio fotografico del CDSE (Centro di Documentazione Storica Etnografica), che riguarda la vita operaia nei momenti ricreativi: dalle cene ai pranzi, alle gite in barca ed i picnic. L’altra sono dei video dell’artista Paolo Meoni: foto effettuate da delle vedute più alte di Prato che riprendono tutto il paesaggio industriale della piana”.
Mentre la nostra chiacchierata continua parte il primo suono roboante che ci spiazza. Intenso e bellissimo. È frutto dell’installazione sonora di Tempo Reale che riproduce, con degli altoparlanti disposti in cerchio, il suono naturale del geyser. Questo suono naturale, emesso a intervalli irregolari e inaspettati vuole fare riflettere su temi quali l’attesa e la sorpresa. Riuscito alla perfezione direi. Se in più ci mettiamo l’illuminazione curata dal gruppo di lavoro del TAI l’ambiente è stato surreale, che con le parole è difficile descriverlo. Per questo c’è da dire brava a Chiara e a tutta la sua “ciurma”. Perché farci rivivere momenti così, in luoghi che non possiamo dimenticare, che sono e saranno per sempre parte di noi, non è né scontato, né tantomeno di facile riuscita.
Lo testimonia il fatto che in questi mesi stanno girando l’Europa e l’Italia per esporre la loro serie di progetti che non sono più soltanto dei bei abstract, ma sono riusciti a rendere operativo un qualcosa impensabile, forse.
Quindi brave ancora, continuate così!
Per maggiori informazioni sul progetto e per conoscere l’associazione:
www.sc17.it
www.tuscanartindustry.com
http://industrialheritagemap.sc17.it
Andrea Toccafondi -ERBA magazine
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