Sono sempre più convinta, entusiasta ed ammaliata dagli spettacoli del Met ragazzi. Sono opere d'arte, adatte a grandi e piccini. Una riscoperta di fiabe, storie, magie e ricordi d'infanzia.
L'opera in questione stavolta è Biancaneve, che sabato 18 novembre, ha aperto le porte della nuova programmazione. E se così è la partenza, non dubito che tutta la stagione riserverà bellissime sorprese. Ma di porte se ne sono aperte anche altre sabato: quelle dell'immaginario, dell'emozione, e di un armadio/teatrino pieno di scomparti misteriosi da dove marionette e personaggi sbucavano ed inscenavano la famosa fiaba. Una fiaba che la compagnia del Teatro Del Carretto di Lucca porta in scena dal 1983. Mani e movenze sapienti di chi fa questo lavoro con maestria ed amore, particolari e dettagli di un lavoro artigianale fatto con tanta eleganza che lascia lo spettatore a bocca aperta.
La storia non è quella rifatta o edulcorata, ma una vera e fedele versione, che anche i più grandi forse non conoscevano, la Biancaneve originale dei fratelli Grimm del lontano 1812.
Ci si spaventa anche un po' in questa versione, ed è un bene perchè ai bambini di oggi evitiamo troppo spesso di suscitare “la paura” - parola quasi tabù - ma una paura calibrata per loro, sana, in un luogo e ambito sicuro come il teatro può essere un'eccitante sensazione, che fa crescere scoprendo altri lati di noi, che proprio da piccoli cominciamo a conoscere. A scombussolar i bambini è il personaggio della matrigna, che insieme alla figura della madre all'inizio, è l'unica attrice in scena, tutti gli altri sono marionette, pupazzi, compresa la protagonista che è la più piccola di tutti. E ha ragione, perché ha da crescere...
Le fiabe si sa, erano legate alla crescita dell'individuo, dove la storia, al di là della trama, nasconde moniti o lezioni di vita; dentro tanti simboli e riferimenti. Nelle fiabe possiamo entrare in un universo vario e variegato, e con diverse chiavi di lettura possiamo leggere più storie in una: dalle più morali del bene e del male, alle alchemiche, spirituali, massoniche, energetiche, esoteriche e chi più ne ha più ne metta, piene come sono di elementi che riportano a dei significati precisi e ricorrenti.
C'è un mondo in queste storie, e spesso è bene rileggerle per noi stessi o leggerle ai nostri bambini nella loro versione originale, magari viverle a teatro come in questo caso, perché hanno molto da offrire, ed è un vero peccato sminuirle con riduzioni e trasmutamenti vari.
In Biancaneve ci sono tantissimi fattori importanti: i numeri (3 e 7: tre le gocce da cui la bambina è generata, tre i colori a cui essa è legata, tre le finte morti con i rispettivi tre oggetti velenosi, tre gli animali che le fanno visita alla (finta) morte finale; e sette, come i nani, sette gli anni quando raggiunge un'alta bellezza) i colori (lei è rossa come il sangue, nera come l'ebano, e bianca come la neve: da qui il suo nome) e poi tanti altri come la mela avvelenata (e l'associazione mentale va ad Adamo ed Eva, e al profondo cambiamento che quel morso genera), ma anche al bosco, allo specchio parlante (e l'io e l'inconscio e tutta la psico qualcosa), la miniera piena di oro (ed elementi preziosi, nascosti alchemici), al cacciatore e al fegato e ai polmoni dell'animale che uccide invece della bimba (che la regina poi cucinerà e mangerà...), etc, etc.
Una domanda però sorge spontanea: la figura del padre dov'è? Non muore come la madre, lui c'è però non c'è, non compare mai, la sua è un'assenza importante e che la dice lunga sul significato della fiaba: si parla del femminile, della crescita di una persona, da bambina a donna.
Biancaneve, è legata all'inverno, al bianco e al freddo, a qualcosa che c'è ma sottoterra, il colore nero, che è un potenziale ma deve ancora venir fuori, sbucare, fiorire ed essere, ed essere col colore rosso, colore dell'uomo poiché legato al sangue, alla vita, che qui è sia di morte (della madre) sia di nascita (della figlia), ma sopratutto il sangue del cambiamento (nel momento in cui addenta il frutto), della crescita, cioè del mestruo, che la farà divenir donna (col finale del matrimonio). Nella fiaba ci sono tutte le fasi del ciclo di una donna, impersonate dai rispettivi personaggi: la madre, la vergine, la matrigna/incantatrice, e la strega.
Per comprendere al meglio questa fiaba, ma anche il mistero, il fascino e le quattro fasi che avvolge e attraversa una donna in un intero mese, rimando caldamente al libro “Luna Rossa. Capire e usare i doni del ciclo mestruale” di Miranda Gray, un manuale, un mantra da custodire, per capire, per conoscere la nostra natura, per accettare, per amarci ancora di più.
Eugenia La Vita -ERBA magazine
Punto Giovani Europa