“Ma che freddo fa stasera?”. Alessandro cerca una mia qualche reazione. Sono praticamente immobilizzato e temo di aver esagerato coi silenzi. Avessi una quantità minima di energia per comunicargli che riesco a sentire tutto quello che dice e che riesco anche ad elaborare risposte creative ed interessanti, lo farei, ma il mio outfit è dannatamente troppo leggero per la temperatura esterna.
“…” (posso farcela!)
“…” (devo farcela!)
“…alcol!” (ce l’ho fatta!).
Esausto e finalmente liberato da un tarlo, eccone giungere subito un altro, ancora più inquietante: ho davvero usato la parola “outfit”!?
Fatto sta che un minimo di lucidità è riapparsa quando mi sono reso conto di esser giunti, non mi ricordo come, dentro il Camelot 3.0.
Penso: “Siamo qui per il concerto!”.
La cameriera: “Siete qui per il concerto?”.
Wow! Non solo sto recuperando la lucidità perduta, sto pure diventando preveggente!
Finalmente tutto è più chiaro. Qualche ora fa ho chiesto al mio compare di accompagnarmi a vedere Black Snake Moan (e qui parte il copia-e-incolla), one man band atipico, con radici stilistiche primordiali che fioriscono in sperimentazioni sonore pregne di un sapore intenso e dal fascino arcano. Radici profonde che profumano di delta blues e che si intrecciano con un’ispirata vena psichedelica. Un connubio trascendentale che ha dato vita all’album Spiritual Awakening, uscito nel febbraio 2017, nato sotto il segno del riverbero e che accompagna l’ascoltatore in un viaggio interiore scandito da ritmiche tribali ed echi ancestrali, tra misticismo sciamanico e spiritualità naturalista (fine del copia-e-incolla).
Le premesse mi sono sembrate ottime e penso che anche Alessandro possa dire la stessa cosa. Glielo chiedo: “Dai, le premesse mi sembrano ottime, c’è pure un Orange laggiù”. Accenna un sorriso e accoglie l’invito ad una specie di brindisi, credo. Non siamo completamente impreparati, abbiamo ascoltato qualcosa sul suo canale youtube e siamo curiosi di apprezzarne la resa dal vivo.
Quel “nato sotto il segno del riverbero”, letto nelle note di presentazione, credo abbia un qualche legame con Born Under a Bad Sign, noto pezzo blues di Albert King di cinquant’anni fa, e forse vuole essere un gancio per gli appassionati, chissà. Ad ogni modo la definizione calza a pennello. Le tracce venute dal riverbero ci fanno dono della propria essenza e ci accolgono nel loro vortice psichedelico.
Qualche apparizione, di tanto in tanto, tende a rassicurare - mi sembra di riconoscere la cover di Run, Run, Run dei Velvet Underground e prima ancora degli stessi ha suonato anche All Tomorrow’s Parties, entrambe ben amalgamate e non del tutto scontate.
Provo a scattare delle foto, sono venute sfocate, ma voglio credere che sia stato il riverbero a farlo (o l’inconscio tecnologico per dirla alla Franco Vaccari). Un po’ come la copertina di Blonde on Blonde di Bob Dylan, un errore che racconta uno stato d’animo.
La sequela di strumentazioni bellissime completa l’opera.
Che dire, un viaggio nel tempo, non diretto ma scaraventato dalla forza di un caldo vortice sonoro di notevole impatto, anche scenico, nonostante fosse essenziale. Peccato che la realtà ci riporti fuori e al freddo.
Torna presto ragazzo, riportaci indietro!
Per conoscere meglio questo 'ragazzo':
Pagina FB BLACK SNAKE MOAN - One Man Band
Alessio Cerasani - ERBA magazine
Punto Giovani Europa