Uno spettacolo liberamente tratto dal libro Babayaga illustrato da Rébecca Dautremer e portato in scena al Teatro Metastiasio dalla Compagnia TPO di Prato, per i bambini dai 5 ai 10 anni.
Narra di una bambina, anzi di due, che decidono di affrontare un viaggio nel profondo bosco e che le condurrà a trovare la casa della Babayaga, un'orchessa affamata di bimbi. Grazie ad amici animali incontrati lungo il cammino, riusciranno a scampare al pericolo e tornare a casa sane e salve.
Amicizia, coraggio, intuito, curiosità, ma anche voglia di mettersi alla prova e sfidare i propri limiti, tutto condito dalle coloratissime immagini del libro, dai suoni, luci, dai visual effects e dalla danza che sono i tratti caratteristici di questa compagnia che fa dell'interazione attiva il suo punto di forza: i bambini a turno entrano protagonisti nella storia, giocando con le danzatrici su un tappeto “magico” che si muove e muta in base agli stimoli visivi e sonori.
Babayaga è un archetipo facente parte della mitologia slava e russa. Compare in molte fiabe e leggende, talvolta è concepita come essere maligno, un'orchessa mangia bambini come in questa versione, in altre come vecchietta/strega magica capace di aiutare i protagonisti fornendo elementi incantati o mettendoli davanti a prove da superare per risolvere i problemi di turno.
Né buona né cattiva, ma varia a seconda del lato da cui si vede la faccenda e da come ci si voglia approcciare a lei, sa dispendere buone energie o sventure funeste. Sa dunque essere un personaggio (e quindi incarnare un archetipo) benevolo, dal quale l'eroina/l'eroe possono passare come in un rito di iniziazione superando prove e trovando soluzioni, per apprendere la Conoscenza, di se stessi, del mondo, per avanzare a un più alto grado di maturità. Oppure essere una manifestazione della natura più cruda, più istintuale, irrazionale, indefinita, aggressiva e quindi essere un maggior pericolo per l'uomo/donna che ci si avventura senza strumenti adeguati o sprovvisto di animo puro, vero e sincero.
Solitamente è descritta come una vecchia dai denti di ferro, un naso che tocca il soffitto della sua casa quando dorme e un corpo sottile come uno scheletro, che le ha fatto ricevere il soprannome di "Babayaga dalle Gambe Ossute"; si sposta volando su un mortaio, utilizzando un pestello come timone e cancellando le sue orme dai sentieri nei boschi con una scopa di betulla d'argento; vive in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina e servita dai suoi servi invisibili (un gatto, un cane, un cancello e un albero) ma anche tre cavalieri: uno bianco che rappresenta l'alba, uno rosso che rappresenta il sole e uno nero per la notte.
È una figura - una donna - ambigua e complessa, non facile; è un aspetto di Madre Natura, è un archetipo, è un essere di conoscenza, di sapienza antica. È anche brutale. Che può spaventare e mettere in pericolo un po' di certezze.
Sicuramente un mito tutto da ri-scoprire.
Eugenia La Vita - ERBA magazine
Punto Giovani Europa