U±R: rapporto sull’uomo all’epoca dei robot


locandina evento 'U±R: rapporto sull’uomo all’epoca dei robot'
 
 

Immaginate di trovarvi in un ipotetico – e forse utopico? – futuro dove ogni vostro bisogno può essere soddisfatto.

Ok, non è troppo difficile immaginarlo: tutta la cultura cinematografica e letteraria ci ha già pensato. Immaginate che in questo ipotetico/utopico futuro sia il giorno del Black Friday. Mantenete la calma e tenete la mano ferma alla carta di credito, è solo un’ipotesi. Adesso immaginate che siano in sconto dei pacchetti simili alle nostre Smartbox. Con l’unica differenza che i pacchetti di questo ipotetico/utopico futuro, realizzati grazie ad un’attenta tecnologia che ha avuto modo di studiarci per anni, non offrono alcuna fantastica vacanza, bensì realizzano i nostri sogni più reconditi. Quelli che non avresti mai immaginato di ottenere: tempo, amore, eternità, fede…

Tutto quello che l’uomo non può ottenere, adesso ce lo fornisce la tecnologia a prezzi stracciati. Vuoi comprarti un po’ di tempo? Vuoi crearti il partner ideale? Vuoi vivere per sempre? Nessun problema, ci sono le UR-Box. E ci sono i ragazzi di Binario di Scambio a fornirle a un’umanità incredula ed affamata.

Avete immaginato tutto questo? Ecco quindi a voi lo spettacolo “U±R” realizzato dai ragazzi della compagnia universitaria Binario di Scambio, realizzato ad Officina Giovani in tre serate (1-2-3 giugno).

Partiamo subito con il dire che non è facile. Non è facile parlare di una tematica – quella dell’umano VS robot e tecnologia – di cui tutti hanno provato a dare la loro versione dei fatti. Le potenzialità della tecnologia e la possibilità di facilitare la vita affascinano l’uomo: chi daltronde non direbbe di no a qualcosa che potrebbe semplificargli l’esistenza? Non è stato neppure facile, all’inizio, entrare nello spettacolo.

La pièce teatrale si apre immediatamente con il botto. Il pubblico viene condotto all’ingresso posteriore di Officina Giovani, davanti a un’entrata bloccata da quelli che sembrano essere due Arlecchini in rosso mentre osservano il pubblico da dietro la loro mascherina, inespressivi e lontani: più automi che esseri umani. Passa qualche minuto e poi a passo di marcia sopraggiunge una fila di personaggi, tutti vestiti in rosso. Il loro capo sale sulla pedana accanto ai due Arlecchini. Al grido di “Fuoco!” tutti lanciano fogli accartocciati verso l’alto, mentre i due Arlecchini interpretano una danza fanciullesca, coprendosi sotto ombrelli rossi da quella pioggia di carta. Lo spettacolo è iniziato.

 
Una scena dello spettacolo
 
 

I ragazzi di Binario di Scambio non si sono risparmiati neppure quest’anno: sotto la guida registica di Fabio Cocifoglia e Stefania Stefanin hanno analizzato “R.U.R”, un testo composto dal drammaturgo ceco Karel Čapek che nonostante la sua distanza temporale – si parla comunque del 1920 – è per noi tremendamente attuale per le sue tematiche, con uomini pieni di domande e vuoti interiori che cercano una soluzione nel progresso.

Ma nel progresso vi è anche la condanna di tutta l’umanità: togliere all’uomo la paura della morte lo rende un po’ meno uomo. Più robot. Niente di nuovo, come può sembrare. Ed è effettivamente così.

Molte delle riflessioni offerte dai ragazzi della compagnia, per quanto ben rappresentate – degni di nota sono stati i monologhi sulla maternità, sull’amore e sull’eternità, la cui bravura va riscontrata sia nella drammaturgia che nell’abilità dei ragazzi a rendere l’interiorità dei loro personaggi – mi hanno fatto uscire dalla sala di Officina Giovani con una serie di piccoli vuoti da riempire con parole e immagini che alla fine non ci sono state.

L’idea della rappresentazione lineare, con il pubblico disposto a sedere ai lati e gli attori che sfilavano al centro, mi ha dato un senso di immobilità – per quanto gli attori effettivamente si muovessero – che a tratti era quasi snervante. Era come se restassero fermi pur continuando a camminare, alla maniera beckettiana.

I brevi filmati che riprendevano parte dei volti degli attori alternavano i loro monologhi donando una dolorosa profondità alle loro parole, un senso straziante di umanità nelle rughe, negli occhi infossati e profondi, da quei nasi diversi in volti così differenti gli uni dagli altri. Uomini e donne che hanno provato a essere più vicini all’inumano per essere perfetti e appagati quando è nella loro imperfezione che risiede tutta la bellezza del mondo.

Molto originale è stata invece la scenografia che ha fatto da cornice all’intero spettacolo. Una serie di scatoloni di diverse dimensioni, le UR-Box, coronavano l’entrata e sono state un po’ il filo conduttore dell’intero dramma rappresentato, ciascuna di esse contenente la promessa di un desiderio inappagato: con la tecnologia ogni sogno può essere appagato, ma quanto vale alla nostra umanità?

Una menzione speciale va anche alla mascotte dello spettacolo, Robi il Robot, un’idea portata avanti dall’ufficio stampa della compagnia durante tutta la campagna promozionale dello spettacolo. Se vi andasse di seguire il suo profilo social di Instagram (robot_robi) vedrete questo piccolo robottino spuntare dagli angoli più inattesi di Prato, accompagnando i suoi cittadini verso Officina Giovani e verso lo spettacolo.

 
 
 
 

Per concludere, ho trovato originale la rappresentazione scenica di un futuro forse non così distante, per certi versi diversa dagli esempi angoscianti e distopici che abbiamo imparato a conoscere nella letteratura e nella cinematografia; tuttavia la drammaturgia poteva offrire maggiori spunti di riflessione, più originali e incisivi di quelli che ho riscontrato, sebbene ci fossero gli attori a dare una grande profondità ai pensieri che esprimevano.

Ma se le riflessioni fossero state ancora un poco più innovative, a mio parere sarebbe venuto fuori uno spettacolo maggiormente incisivo di quello che ho visto.    

Per saperne di più...

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Instagram: binariodiscambio
 
 
 

Vittoria Mori - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 11/6/2018

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