Si è svolto nel pomeriggio di sabato 6 luglio, presso il centro storico di Pisa, il tanto atteso Toscana Pride, corteo a sostegno dei diritti LGBT che ha visto una partecipazione record di circa 15.000 persone. L’iniziativa ha ricevuto adesioni da numerosissime e diversificate realtà associative ottenendo, fra gli altri, il patrocinio del Comune di Prato.
Alla parata hanno preso parte diversi esponenti della politica regionale e nazionale: tra le presenze più importanti si segnala quella della senatrice Monica Cirinnà. Il 2019 è inoltre un anno propizio per ciò che concerne gli anniversari: il corteo è stata l’occasione ideale per commemorare i moti di Stonewall, risalenti al giugno del 1969, così come la prima marcia del Movimento omosessuale italiano, che si svolse nel 1979 proprio nella città di Galileo. Abbiamo partecipato per provare a restituirvi le emozioni della giornata…
Ore 13-15: Ci ritroviamo presso la stazione di Prato Centrale. In mezzo al grigiore della vita pendolare si cominciano a scorgere arcobaleni, glitter e piume di struzzo: sono i compagni di viaggio, con i quali nasce subito un grande senso di appartenenza. Qualcuno ha portato i genitori e i fratelli, qualcun'altro ha convinto il migliore amico all’ultimo minuto. Il treno che ci porta prima a Rifredi e poi a Pisa è affollatissimo e a ogni fermata si ripopola. Accampati tra i vagoni strapieni ci sono veterani ma anche principianti (come la sottoscritta): qualcuno parla di ricordi e qualcuno di aspettative, ma l’avventura per la quale ci siamo imbarcati è la stessa.
Ore 15-17: Scesi a Pisa Centrale ci ritroviamo in Piazza della Stazione, già pienissima. Sono in tutto undici i carri che si preparano alla partenza: ognuno di loro propone la propria playlist e le proprie danze. Anche la composizione demografica è assolutamente eterogenea: per quanto il gruppo più nutrito sembri essere quello dei giovani dai sedici ai trent’anni, sono tante le famiglie e così gli avventori più maturi. Le bandiere che sventolano sono troppe da elencare: si va dai ragazzi di UDU ai Giovani Democratici, da Potere al popolo a +Europa, dagli squatter del centro queer fiorentino Urania fino ai genitori di Famiglie arcobaleno. Ci divertiamo osservando gli striscioni satirici e gli abbigliamenti più fantasiosi, tutte provocazioni immancabili per un Pride che si rispetti. Eppure, anche in mezzo a tutta queste allegria, nella mente di molti di noi balena un pensiero amaro: riusciranno movimenti dalle origini culturalmente così lontane a sostenere insieme le stesse istanze? Riuscirà la Chiesa Pastafariana Italiana a costruire un terreno politico comune con il “nuovo” Partito comunista dei lavoratori? Ora però non è tempo di pensare, è tempo di camminare: il corteo sta partendo.
Ore 17-20: Comincia il nostro itinerario, che partendo da via Benedetto Croce si snoderà per le strade del centro. Tra cori pacifici e danze sfrenate si torna sui passi della grande rivoluzione di quarant’anni fa. Sono tanti i sogni di parità che escono dai megafoni: in primo luogo il diritto ad amare e quello ad esprimere la propria identità di genere senza paletti, ma anche quello a spostarsi liberamente verso luoghi più pacifici e prospettive migliori. E così, a proposito di accoglienza, dai balconi si affacciano i sostenitori locali, qualcuno indossando una collana di fiori o una maglietta multicolore: qualche anima buona ci getta dell’acqua per darci refrigerio. Alcuni ragazzi hanno staccato le loro bandiere dalle aste e ora le usano come copricapo, per ripararsi dal sole battente. Un gesto tenero e buffo, commovente dal punto di vista simbolico: non c’è motivo di preoccuparsi, perché alla fine della giornata le bandiere, seppure importanti, scendono, e resta alta solo quella arcobaleno. Sulla bellezza mozzafiato del lungarno Galilei risuonano le parole di Lord Byron, un ragazzo che amava Pisa e con ogni probabilità avrebbe approvato questo corteo: Sii tu l’arcobaleno nelle tempeste della vita. Il raggio che la sera, come un sorriso, le nuvole disperde, e tinge il domani col suo raggio profetico.
Ore 20: Il corteo si conclude in Piazza Carrara, ma siamo in troppi per entrarci tutti e la folla festante si disperde lentamente. Qualcuno si rifugia in una pizzeria della zona, qualcuno si avvia verso la stazione, qualcun altro scappa verso la movida di Torre del Lago. Ci ritroviamo soli con le nostre riflessioni, è il momento per chiederci di cosa parliamo quando parliamo di pride.
L’orgoglio è un concetto complesso da approcciare, considerata anche la valenza non sempre positiva che esso riveste nella cultura occidentale: l’orgoglioso è tradizionalmente colui che non accoglie le scuse, che non accetta neanche i compromessi più ragionevoli, che non riconosce i propri errori. Ma il Pride porta alla ribalta una concezione completamente diversa di orgoglio: il pride come forza bellissima e misteriosa, quasi soprannaturale, che permette di esprimere pienamente ogni lato di sé che non si può e non si deve cambiare. Coloro che per le motivazioni ideologiche più disparate non supportano il Pride e ciò che rappresenta sono liberi di mantenere la loro linea, non possiamo impedirglielo. Ma c’è qualcosa che è sotto gli occhi di tutti: sui carri di Pisa non hanno sfilato soltanto gli orientamenti sessuali e le identità di genere. Hanno sfilato le origini, le estrazioni sociali, le espressioni estetiche, le fisicità: tutti elementi sulla base dei quali praticamente ogni cittadino italiano si è sentito discriminato almeno una volta nella vita. E se scomodare la nostra madre, ovvero la Costituzione italiana, appare troppo scontato, almeno scomodiamo quella americana e parliamo di felicità (Stonewall, dopotutto, rese gli US la patria del Pride): come si fa a perseguirla, vivendo senza mai conoscere un po’ di sano orgoglio?
Agata Virgilio - ERBA magazine
Punto Giovani Europa