Regia di Clint Eastwood. Interpreti: Angelina Jolie, John Malkovich, Jeffrey Donovan, Colm Feore, Jason Butler Harner. Drammatico, USA 2008
Non è facile commuovere gli spettatori, commuoverli davvero, toccarli nel profondo. Può essere semplice, forse, provocare in loro qualche lacrima, dovuta, il più delle volte, ad una colonna sonora particolarmente d'effetto. Non è facile nemmeno - soprattutto per un uomo - raccontare il dramma di una donna, di una madre, sconvolta da una perdita devastante, sola e impotente verso il sistema. Eppure Clint Eastwood riesce in tutto ciò, riservandoci ancora una volta una pellicola straordinaria, per la forza della sua storia, per la bravura degli attori, ma più di ogni altra cosa per la regia allo stesso tempo asciutta e coinvolgente, distaccata e intimistica. Un film che annuncia la sua presenza indiscussa ai prossimi Oscar.
Sono il senso di ingiustizia e impotenza a dominare questa storia tratta da avvenimenti reali. Fulcro è il travaglio di una madre, sola, che lotta per ritrovare il figlio scomparso. Paradossalmente la donna - una sconvolgente Angelina Jolie - si trova costretta a lottare proprio contro la polizia corrotta e incompetente di una Los Angeles anni '20 che, in un primo momento, cerca di 'accontentarla' restituendole un bambino non suo, e poi decide di metterla definitivamente a tacere facendola internare in un manicomio. Il dramma di Christine non è l'unico, molti sono i cittadini vittima della violenza e dell'ingiustizia, non combattute, ma anzi perpetrate dal corpo di polizia. E vittime sono anche tanti bambini che, non tutelati né protetti dalle forze dell'ordine, cadono nella trappola di violenza crudele e efferata di uno psicopatico. Ma le persone - questo il messaggio del regista - fortunatamente reagiscono e non si lasciano atterrare o sconfiggere dalle difficoltà, dai momenti brutti, dalle peggiori torture - fisiche o psicologiche -, vanno avanti verso il loro obiettivo, sia questo ritrovare il proprio figlio, far valere la giustizia o perfino sopravvivere. La forza di volontà è, dunque, l'unica speranza di redenzione.
La mascolinità del regista e la sua storia cinematografica sono evidenti nel taglio talvolta freddo e impassibile con cui sono girate le scene. Ma dal film scaturisce una forza immensa che nasce proprio dalla sua struttura sobria e asciutta, in grado, però, di sprigionare un'empatia a cui lo spettatore non può sottrarsi. Non c'è una sentenza morale nelle scene di questo film - né nei confronti della polizia corrotta, né verso lo psicopatico che sfoga la sua violenza contro degli indifesi - c'è invece una consapevolezza lucida e amara dell'ingiustizia della vita e degli uomini e una ferma decisione di non rassegnarsi alla crudeltà del mondo.
Mirella Pane - ERBA magazine
Punto Giovani Europa