"La sera ha portato con sè una brezzolina, Watson. Che ne dice di una passeggiata?"
Enrico Franceschini, classe 1956, ha ricoperto per trentacinque anni il ruolo di corrispondente estero per la Repubblica.
Il suo lavoro l'ha portato a vivere a New York, Mosca, Washington e Gerusalemme, per poi farlo approdare, come meta ultima e attuale residenza, tra le nebbie e le acque scure di Londra.
Curato da Giulio Perrone Editore, pubblica nel 2020 il libro 'A Londra con Sherlock Holmes - sulle orme del grande detective'.
"No, Sherlock!"
Holmes, protagonista pioniere del giallo deduttivo, riesce a più di un secolo di distanza, a far discutere ancora alcuni lettori sulla sua reale esistenza.
Franceschini descrive, grazie ad una penna precisa e scorrevole, le tappe percorse dalla coppia Sherlock-Watson permettendoci di immaginare panorami d'oltremanica anche in questo periodo.
"Quel grande pozzo nero dal quale tutti i perdigiorno e gli sfaccendati dell'Impero vengono irresistibilmente inghiottiti".
Watson descriveva così Londra, perfettamente conscio che nell'insieme di perdigiorno e sfaccendati rientravano anche lui e Sherlock.
Per farcelo visitare meglio, l'autore divide il libro in quattro itinerari precisi, in ognuno di questi, veniamo abilmente trascinati dal mondo contemporaneo al lungo Ottocento inglese senza uscirne frastornati, ma consapevoli di quanto la Londra attuale non sia cambiata molto dalla Londra di Doyle.
"L'uomo che non ha mai vissuto non potrà mai morire."
Sherlock Holmes sopravvive al suo creatore, deceduto nel 1930.
Conan Doyle proverebbe un profondo disappunto a saperlo, ha passato metà della vita incatenato alla professione di medico, per lui poco fruttosa e poco soddisfacente.
L'altra metà, limitato da un personaggio che gli ha fruttato un'enorme fortuna, ma che gli ha permesso di dedicarsi a ben pochi scritti oltre a quelli ambientati davanti al camino scoppiettante del 221b di Baker Street.
"Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per l'improbabile che sia, deve essere la verità."
Immancabile tra le pagine finali, un ultimo fatto di società fantasma e di banchieri kazaki.
Così termina, troppo velocemente, esattamente come i racconti di Doyle, ci lascia con la voglia di indagare, davanti ad una pinta di birra sulla terrazza del The Anchor.
Rosa Santi - ERBA magazine
Punto Giovani Europa