Testo di Danilo Chiarello e Marco Ceccotti
Regia di Francesco Picciotti
Drei Liter! è la messinscena di un grande gioco.
Liberamente ispirato al film Train de Vie, la piccola comunità ebraica in fuga dalla imminente deportazione nazista si traveste, cambia identità, si distribuisce nuovi ruoli per inscenare una finzione capace di salvarli. I generali dell'esercito tedesco giocano alla guerra su cartine geografiche tracciate con i pennarelli, e i ragazzi del progetto universitario Roma Tre Lab ironizzano a loro volta su questi stessi personaggi, indossando sulla scena pupazzi che si fanno vivi e espressivi sotto i faccioni di gommapiuma. Drei Liter, letteralmente tre litri, è il saluto che recitavano gli oppositori interni al regime per richiamare in maniera assonantica l'ossequio al fürer. Messo in bocca a tedeschi e ebrei diviene ora ulteriore livello di gioco, cosciente derisione, da parte degli attori, della macchina hitleriana e delle sue formule.
Si fa appello ai tecnici dietro alle quinte, si assiste alla costruzione dei personaggi, ridiamo davanti a geniali scelte interpretative; realtà, finzione teatrale e 'teatro nel teatro' si ibridano e convivono, mostrando le naturali reazioni nascenti tra i personaggi: divertimento, collaborazione, tensione, complicità. E poi il gioco finisce: il pubblico viene privato dall'happy end al quale vorrebbe credere, e la realtà lo schiaffeggia ancora più forte proprio perché non vi è stato preparato.
Presentato all'Aula Columbus di Via delle 7 Chiese (Roma, zona Garbatella, in scena fino al 6 dicembre), lo spettacolo nasce dal lavoro di un giovane gruppo d'attori che condensa la sala di voci e sussurri, musica e suoni (semplicemente bello e dolce il canto di apertura del matto del villaggio). La minaccia di Mordecai, l'ebreo-generale costretto a giocare con più convinzione degli altri, funziona, trasmette davvero tanto. Il finale invece risulta tiepido, piomba secco e poco convincente (i tedeschi scoprono la vera identità degli 'ebrei-comunisti' perché questi hanno due braccia?), ma ha l'effetto di un precipitare improvviso da un piano di significato all'altro: dopotutto, come è concreto il poter appurare «quanto poco basti alla realtà per distruggere la finzione» (Francesco Picciotti, regista).
Ironizzare con intelligenza su una realtà storica 'calda' è un doppio mettersi in gioco, perché equivale a confrontarsi con le proprie capacità e con la responsabilità di veicolare un messaggio attuale e universale. E allora bravi i ragazzi di Roma Tre Lab, che hanno saputo mettere alla prova loro stessi riuscendo a imparare e a divertirsi realizzando uno spettacolo '"forte e concreto'. Come rilasciò Italo Calvino, dopo che gli era stato chiesto se l'uomo del 2000 sarebbe stato ancora capace di creatività: «La fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane».
Francesca Martellini - ERBA magazine
Punto Giovani Europa