Rappresentazione scenica firmata Massimo Castri, eccellente regista già premiato in passato per la sua spiccata capacità di cogliere integralmente il senso teatrale e profondo delle opere drammatiche e di trasporle in una fisicità artistica che ci fa godere fino in fondo la caratteristica ironica del testo pirandelliano in questione. Amabile anche il lavoro svolto da Claudia Calvaresi alle scene e ai costumi, che rivelano le cognizioni intime della scuola Pirandello, come la scelta della posizione degli specchi, tra loro speculari, con la quale si vuol rendere simbolo della diversità di visione, comprensione ed elaborazione di qualsiasi cosa da parte dei protagonisti e più in generale di tutti gli esseri pensanti. Anche gli altri due oggetti scenici, il pianoforte da una parte e il tavolo dall'altra, sono chiamati in causa ed utilizzati soltanto in determinate situazioni e ciò palesa una loro caricatura di significato ben precisa, in un gioco di rappresentazioni simboliche forse non facili da comprendere al volo, ma esibite dall'inizio alla fine della vicenda.
Lo spettacolo si apre presentandoci una scena di festa in cui tutti i protagonisti portano una maschera che li distingue l'uno dall'altro; si capisce immediatamente dai dialoghi che parlano ansiosamente tra loro di una signora di nome Frola, di sua figlia e del cognato (i coniugi Ponza) che nuotano, sia per noi spettatori sia per i festeggianti personaggi, nel profondo mare del dubbio e dell'ambiguità. Ed è proprio l'indecisione il tema principale di tutta la storia, un'incertezza di opinione su presunti comportamenti di questo trio, che nasconde qualcosa di oscuro agli osservanti, i quali a loro volta dilatano qualsiasi informazione che gli arriva riguardante gli 'indiziati', senza preoccuparsi della autenticità di essa. Frola afferma che lo sposo della figlia non le permette di incontrare la ragazza per gelosia, poco dopo invece aggiunge che lui è diventato pazzo e che è certo che la figlia sia la sua seconda moglie, ritenendo la prima morta in precedenza. Il marito invece sostiene che la madre della sua prima moglie (la signora Frola) sia impazzita dopo la scomparsa della ragazza e creda che la sua nuova sposa, che si offre al gioco e che si fa vedere per pietà dalla finestra, sia la figlia ancora viva.
Questo intreccio complicato necessita di una ondata di chiarezza alle menti dei personaggi, che si esasperano, fino alle contrazioni muscolari, alla ricerca della verità. La maschera, l'apparenza, la follia sono sempre state le tematiche predilette da Pirandello. Si comprende in questo senso che le persone hanno bisogno di prestare fede a qualcosa che viene ritenuto vero, anche se non è esibita la compiuta evidenza della sua concretezza.
Cosi è se vi pare è uno spettacolo di grande attualità morale, su una società che ha bisogno di sentirsi rassicurata e protetta sotto una campana di giudizi, mentre le individualità riservate, ben pensanti o no, devono essere segnate, chiarite, precisate, torturate e imprigionate, o comunque allontanate. Ma che importanza ha davvero la realtà? Pirandello c'insegna che in fondo non sappiamo neanche se esiste, perché ognuno dei personaggi ha la sua obiettività e non vede le altre; sono più forti e continui gli inganni, i luoghi comuni e i pregiudizi, che la realtà stessa. Un argomento su cui riflettere molto, in una collettività dove la televisione e gli altri mezzi di comunicazione di massa scaricano raffiche di parole su chiunque sia 'in fallo', come se esse, formanti le opinioni delle persone-poltrone, false o no, non avessero il potere e la forza di alterare la vita di una figura reale. Ma «una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile».
Irene Querci - ERBA magazine
Punto Giovani Europa