Il pianista franco-canadese, naturalizzato americano, Marc-Andrè Hamelin fa tappa al Teatro della Pergola per un concerto di piano solo dal carattere certamente inusuale. Privilegiando un repertorio di raro ascolto egli infatti accantona i più noti brani di Mozart, Beethoven e Chopin per proporre pezzi di autori meno conosciuti: Weissenberg, Godowski, Berg e perfino qualche composizione propria.
Il concerto si apre con una Fantasia e una Sonata di Haydn, musicista di primissimo piano, il cui enorme peso nello sviluppo della musica classica (è considerato il padre della sinfonia e della sonata) non è però corrisposto da una grande popolarità. La sonata proposta è, ad ogni modo, melodica ed interpretata da Hamelin con notevole capacità di eloquenza così da far risaltare il tema melodico in tua la sua semplicità.
Abbandonato subito il repertorio classico, il pianista prosegue eseguendo la Sonate en état de jazz di A. Weissenberg, dotatissimo pianista contemporaneo. Si tratta, come suggerisce il titolo, di una brano in forma di sonata, composto da quattro tempi; ognuno di essi rievoca in chiave dodecafonica un differente tipo di musica: tango, charleston, blues, samba. L'autore bulgaro rilegge dunque questi stili del Novecento producendo un pezzo che degli originali mantiene il ritmo, trasfigurandone invece ogni aspetto melodico.
Il secondo tempo del concerto si apre con una Sonata di Berg. In realtà si tratta di un brano incompleto poiché consta solo del primo tempo; tale mancata compiutezza è probabilmente dovuta all'esaurirsi della 'vena creativa' del proprio autore. Allievo di Schonberg, padre della dodecafonia, Berg coniuga in questa sonata alcuni aspetti costruttivi con una certa tensione verso un'espansione dinamica, espressi in una composizione che richiede eccezionali doti tecniche al proprio esecutore.
A seguire il pianista canadese propone due studi composti da lui stesso. Il primo rievoca una cavalcata ed è ispirato a Il re degli elfi di Goethe. Il secondo è invece un mirabile esercizio per la mano sinistra: mentre la destra non sfiora il pianoforte nemmeno per un istante, quella che è considerata la 'mano debole' si produce in una performance tanto ardita quanto scenica.
Il programma si chiude con le Metamorfosi sinfoniche su "Wein, Weib und Gesang" di Strauss composte da Godowski, anch'egli pianista straordinario che si dedicò in parte anche alla composizione. Il pezzo è una rivisitazione di temi straussiani, stravolti e arricchiti fino ad ottenere qualcosa di completamente diverso dall'originale con spiccate caratteristiche virtuosistiche.
Hamelin si conferma dunque pianista dalle infinite capacità tecniche ed esegue i passi contenenti le maggiori difficoltà del meccanismo con una serenità ed una scioltezza paragonabili a quelle di un ballerino che si produce in arditissimi volteggi col viso sempre sorridente e apparentemente privo di tensione. Non si può però negare che la scelta dei brani eseguiti sia adatta solo ad un ristretto numero di esperti o di amatori del pianismo dodecafonico, atonale e contemporaneo.
Tommaso Donzellini e Mirella Pane - ERBA magazine
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