Recensione "Overline"

Un cortometraggio di Biancoleone sulla dipendenza da droga


Locandina 'Overline'
 

'Overline', di Massimo Moretto, in arte Biancoleone, e prodotto da Saturno 9 Creations, è un cortometraggio sociale no-profit sul tema della dipendenza da droghe e sulle conseguenze sociali che esse provocano.

 

Saturno 9 Creations è un Progetto Artistico Indipendente Italiano avviato nel gennaio del 2009 senza fini di lucro, con sede in Veneto, che si occupa prevalentemente di sensibilizzare la società su tematiche di natura umana e sociale (bullismo, discriminazione, droga, alcol, violenza di genere, sicurezza stradale, ...) attraverso la realizzazione di spot, cortometraggi, videoclip musicali e docufilm. Questi progetti su tematiche spesso trascurate sono stati più volte presentati ai ragazzi delle scuole superiori di alcune provincie del Veneto, con l'intento di promuoverle e renderle oggetto di attenzione.

 

Il cortometraggio è ufficialmente in concorso ai David di Donatello 2025 e verrà fatto concorrere ad una serie di Film Festival distribuiti sul territorio nazionale e soprattutto all'estero, nella versione sottotitolata in inglese.

'Overline', scritto e diretto da Biancoleone, sensibilizza sul tema della droga e sugli effetti devastanti di chi la subisce. Il filmato si pone come una sorta di intervista, alternando una serie di domande, concise e dirette, a delle risposte, dalla voce di Blumas Nevlog, che descrivono il vortice della droga e il vuoto sociale che si crea attorno a chi ne cade vittima. Importante è anche il piano visivo: i quesiti appaiono scritti a pieno schermo su sfondo nero pece, mentre durante le risposte viene proiettata l'immagine di una donna che cammina in un luogo urbano decadente e abbandonato, interpretabile come la solitudine di cui fa esperienza chi fa uso di queste sostanze stupefacenti.

 

Molti sono gli spunti di riflessione che emergono e che sono presentati dalla voce protagonista. Cadere nel vortice delle sostanze stupefacenti è provocato non tanto dalla fragilità degli individui, quanto dalla loro solitudine e alla ricerca di una via d'uscita. Questa condizione drammatica diventa tuttavia un circolo vizioso: a sua volta la droga genera solitudine ed è questa che provoca la dipendenza

Il rapporto con l'esterno, poi, è analizzato dall'occhio della vittima: gli altri si mostrano inizialmente impietositi e vicini a chi soffre, ma ben presto se ne allontanano per volontà proprio della vittima, che, quasi nelle vesti di un 'accusatore', li giudica a processo come se fossero degli 'imputati'. La calzante metafora del tribunale, utilizzata per questa condizione drammatica, vede la droga come giudice, che condanna senza pietà l'accusatore. Il resto della società sembra disinteressata a quelli che chiama in modo sprezzante 'tossicodipendenti': difatti, la nostra specie vive un dramma generalizzato avendo paura di vivere e cambiare, e questo causa una totale mancanza di empatia nei confronti di chi soffre. 

Nonostante queste riflessioni, raccontate in modo così chiaro e tristemente sincero, è lasciato uno spiraglio per rinascere. Guardare la vita cercando di coglierne la poesia che contiene dà speranza: è dunque perseguendo l'amore, visto però come uno strumento d'azione per il cambiamento, che si può contribuire a creare una via per la propria salvezza


A concludere una piccata considerazione, lasciata agli spettatori: 
'È giusto che vi concentriate sulla devastazione che genera il mondo della droga in un essere umano, anziché focalizzarvi sulla ragione per cui essa esista.'

 
 

Recensione a cura di Malaika Benedetta Sorace e Brenno Fedi Fineschi.

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Ultima revisione della pagina: 20/12/2024

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