Platanov

Alessandro Haber in scena al Metastasio

 
foto di scena
myspace.com

 
Quando tutto va in crisi, anche le relazioni umane possono peggiorare, le certezze si disintegrano e i rapporti degli uomini si frantumano, si immiseriscono. Succede in teatro, succede nella nostra realtà.

Non c'è una vera trama in fondo in questa messa in scena, che a tempi e pause cinematografiche, si ha solo la visione e la presa di coscienza di un mondo arido, desolato, che vede la caduta del regime sovietico (ma che potrebbe benissimo essere ambientato oggi in Italia).

La storia riadattata da Nanni Garella è trasportata a fine Novecento, un secolo dopo l'ambientazione originale di Cechov. Non una vera storia, ma più storie abbozzate trattano di piccoli avvenimenti che ruotano intorno a una figurina chiamata Platonov.

É scambiato per eroe Platonov, ma è solo l'apparizione (l'ombra buia) di un eroe: superbo, arrogante, seducente, sopraelevato dalla massa dei suoi mediocri compaesani, pian piano decade. Inevitabilmente perde il mantello (nel secondo atto è spoglio, vestito a metà) e si rivela l'uomo che è, misero, impulsivo, indeciso, incapace di vivere ma troppo vigliacco per morire. Sarà sempre qualcun altro infatti a dover scegliere per lui. Solitamente una donna. Perché questo personaggio è un bulimico d'amore: ne ingoia in quantità inverosimile ma non ne sa produrre nulla di buono, non sa amare, non si lascia amare, e non ama neanche sé stesso. Arrivando solo a rigurgitare errori e dolori.

Le donne infatti sono vittime e carnefici allo stesso tempo. Si aggrappano (in tutti i sensi, fisici e psichici) a questo Don Giovanni, a questo divo di provincia, incarnazione di un mondo che non vogliono veder scivolare via.

Non riescono ad accettare che tutto stia cambiando, che quello che pensavano di conoscere finisce, insistono come solo le femmine ossessionate e innamorate sanno fare. Lo desiderano con tutte le sue brutalità, i suoi difetti, la sua immoralità, che penetra dentro di loro stravolgendole perdutamente.

Gli altri, i maschi, non sono da meno; bambini poco cresciuti, banali e senza dignità, quasi sempre ubriachi, cercano di annegare la verità, per cercare la felicità dentro a un bicchiere, per dimenticare d'esser stati presi per il sedere, come cantava De André. Presi in giro sopratutto dalla vita.

Alla fine dei conti Platonov rimane il meno illuso, conoscitore e intenditore della sua vera natura, lucido e depresso, abietto ma senza mediocrità. Anzi, simboleggia proprio una speranza di fuga dalla mediocrità.



Eugenia La Vita - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 27/6/2016

I Social di ERBA Magazine: