Guarda il reportage fotografico del viaggio in India!
Abbiamo preso l'aero a Roma alle 11.00 del mattino e dopo quattro ore e mezza di viaggio siamo atterrati a Kuwait City. Aspettando l'altra imbarcazione diretta in India, già guardandomi attorno, notavo il cambiamento di usi e costumi. Difatti la maggior parte delle donne portava il velo e qualcuna addirittura il burka...
Non conosco nel pratico la loro cultura ma spesso sentivo e percepivo nei loro occhi e nei loro atteggiamenti diffidenza, forse legata anche al fatto che oltre ad essere stranieri nella loro terra, siamo donne e quindi, considerati i loro valori, forse il nostro atteggiamento e la nostra educazione italiana li infastidiva...
Comunque abbiamo ripreso il volo dopo circa un'ora e finalmente esausti siamo arrivati in India. Lì siamo stati ospitati dalle Suore Domenicane del Santo Rosario che ci hanno accolto nel loro convento all'interno del quale sono riuscite a fondare una scuola materna, elementare e media.
Gli alunni ci hanno accolto con varie cerimonie di balli e canti, difatti la loro cultura è molto basata su queste due attività. Ci hanno accolto e noi in segno di riconoscenza abbiamo porto loro una caramella ciascuno, ed erano contentissimi di questo piccolo dono. Una cosa così insignificante, come a noi può sembrare, per loro forse rappresentava un grande gesto. Mi sono commossa per la riconoscenza che queste persone dimostravano nei nostri confronti. Addirittura ci chiedevano l' autografo. Ai loro occhi penso che sembrassimo persone importanti. E forse per ciò che siamo venuti a fare e per ciò che rappresentiamo, nel nostro piccolo, lo siamo.
Poi siamo andati al Settelment, che sarebbe un manicomio, una struttura che ospita non solo le persone affette da malattie psichiche ma anche persone abbandonate e rifiutate dalla famiglia. E dentro e fuori quel contesto sono cresciute in me tristezza ed impotenza. Tristezza per le condizioni che tante persone sono costrette a vivere senza prospettiva che la loro vita possa cambiare. Abituata all' Italia, paese pieno di risorse, pieno di iniziative progetti, mi scatta automatico pensare a ciò che in questo paese non funziona, e la povertà è l'effetto di questa condizione.
Vivendo questa esperienza quotidianamente mi sono resa conto che tante persone sono fortunate se riescono a mangiare un pugnetto di riso o se non muoiono di tifo, colera o altre malattie.
Attraverso l'esperienza del Settelment, ho anche raggiunto una consapevolezza che mi ha colpita: nonostante quanto possa risultare atroce vivere in quella condizione e per quanto possa essere significativo venire a contatto e a conoscenza di quel mondo simile all' inferno, ho capito cos'è, qual è la motivazione che quelle persone usano per trovare la forza per continuare ad andare avanti nel loro vivere: è Dio, un Dio di qualsiasi religione che li comprende, che gli vuole bene e che un giorno gli renderà merito della loro sofferenza. Il loro Credo li aiuta a mantenere la speranza anche in qualcosa che va al di là della quotidianità che, in riferimento al loro ceto sociale, forse non cambierà mai. Dio è tutto quello che gli è rimasto, è tutto quello che hanno.
Dopo tutto il mio trascorso qua (che è solo di 4 giorni) sono cambiate alcuni pensieri dentro di me... ora ogni volta che siedo a tavola e mangio, un pensiero va alla povera gente che non ha neppure i beni di prima necessità, come ad esempio il cibo. Tante volte diciamo questa frase "c'è gente che muore di fame", ma abituati all'Italia, un paese in cui prevale il consumismo, tale affermazione rimane solo una frase, che tante volte mi sono trovata a ripetere a mia figlia, senza capirne di significato io stessa... per noi è un' idea lontana. Invece da quando sono qui sono rimasta spesso allibita, facendo fatica a credere a quello che i miei occhi vedevano.
Dopotutto però il pensiero in questo viaggio va a una persona speciale, con la quale ho condiviso molto e con la quale avrei voluto condividere anche questa esperienza. Si chiamava Vania ed era una cara amica con la quale, insieme al gruppo, avevamo programmato questo viaggio. Ultimamente però soffriva molto... non è saputa uscire da se stessa e dalla sua sofferenza. Le "voci" che la tormentavano l' anno spinta a togliersi la vita. Penso che se avesse avuto la possibilità di far tesoro di questa esperienza, forse anche in lei qualcosa sarebbe cambiato. Mi piace immaginare come avrebbe reagito in questo contesto, cosa avrebbe detto nelle varie situazioni, mi sarebbe piaciuto averla vicina...
Comunque, rammarico e impotenza a parte, ci sono molte difficoltà quotidiane con le quali dobbiamo convivere. Una di queste, alla quale mai mi abituerò, sono le 'bestiacce' che ogni tanto sbucano fuori dagli angoli più impensati: topi di fogna, scarafaggi di ogni dimensione, serpenti - nei quali per fortuna, ancora, non ci siamo imbattuti - e purtroppo tanto altro ancora; siamo vittima delle svariate specie mai viste o almeno non così di frequente... e, inorridite, ricorriamo ad ogni forma di prevenzione, inutile. Nonostante il terrore istantaneo, finiamo ironizzando sulla sorte, rassegnate al fatto che, se vogliamo dormire, ci conviene farcene una ragione.
Altro aspetto interessante è lo shopping compulsivo con il quale ci divertiamo nel gioco di trattativa per accordarci con il commerciante sull'ipotetico prezzo. In genere fra la somma iniziale e quella finale scendiamo ad un compromesso. Qui la vita non costa niente per noi italiani. Un Euro corrisponde a 68 Rupie e con tale somma si può tranquillamente comprare una crema delle migliori marche. I venditori, come ci vedono sul viale, ci invitano a entrare nel loro negozio e addirittura ci rincorrono per venderci la loro merce, spesso entrando anche in competizione con altri commercianti. Quando usciamo in compagnia, spesso comprando le stesse cose, confrontiamo i prezzi, gareggiando sulla trattativa migliore. Non ci danno tregua, né respiro... Non possiamo permetterci di toccare un oggetto che scatta immediata la trattativa, a volte basta posarci semplicemente uno sguardo, che è già sufficiente per essere rincorsi con l'oggetto in mano. Capita a volte che usino anche qualche parola di italiano imparato per vendere di più ai turisti.
In conclusione per come ho conosciuto il popolo indiano, ciò che lo caratterizza maggiormente è che tengono molto a come si mostrano in pubblico; hanno una mentalità molto chiusa per certi aspetti... credo che corrisponda un po' alla generazione dei nostri nonni... Comunque sia, è un popolo molto allegro, solare, semplice e, a parte i prezzi pompati per i turisti, sono anche onesti e rispettosi.