L'anniversario della morte del mercante pratese Francesco di Marco Datini rappresenta un'occasione preziosa per tornare a parlare di un personaggio imprescindibile per la storia di questa città, sebbene la sua identità ed il motivo stesso di tanta popolarità continuino ad essere oggetto di discussione. La difficoltà di una lettura pacifica del valore di questa figura è dovuta al fatto che esso è mutato profondamente nel corso dei secoli.
Fino alla fine dell'Ottocento, il nome di Datini è stato infatti collegato esclusivamente all'opera pia da lui istituita con lascito testamentario, a Casa Pia de'Ceppi, istituzione che per secoli ha provveduto grazie al suo patrimonio immobiliare al sostentamento delle famiglie più povere di Prato. Poi, ecco che nel 1870 l'arcidiacono Benelli scopre in un sottoscala dell'istituto alcuni sacchi contenenti 150.000 lettere private appartenute al Datini, oltre a diverse centinaia di libri contabili, lettere di cambio ed altri tipi di documenti.
Improvvisamente, Francesco Datini si trasforma nell'inventore della cambiale, trasformandosi nel simbolo conclamato di un passato che, a ragione, nobilitava la tradizione industriale e mercantile di una città che si candidava a divenire la capitale italiana del tessile laniero. Oggi, sappiamo che Datini non fu inventore di nessuna delle novità contabili e finanziarie attribuitegli, eppure il suo nome continua a figurare in tutti quei libri di storia, economica e non, che in ogni parte del globo cercano di comprendere con criterio scientifico chi fosse l'uomo medievale.
Riconoscere l'importanza di Francesco Datini significa perciò indirizzare la propria ricerca su tre aspetti, tutti indispensabili. Egli è contemporaneamente una persona fisica, un archivio privato unico al mondo ed infine una istituzione di carità che per secoli ha costituito una fetta importante del vivere quotidiano di questa città.
Del primo Datini, quello vissuto tra il 1335 ed il 1410, emerge innanzitutto la capacità di un orfano del XIV secolo di reinventarsi nell'arco di pochi decenni come uno dei mercanti più importanti dell'Europa del suo tempo, capace di creare e dirigere magistralmente una holding con sedi a Prato, Firenze, Pisa, Genova, Avignone, Barcellona, Valenza e Maiorca.
Le sue lettere non parlano solo di commerci, ma svelano inaspettatamente gioie e tormenti interiori di un uomo alle prese con una vita non meno complessa di quella di oggi, i cui drammi esistenziali spaziano tra la difficoltà di conciliare etica e lavoro, il risentimento verso una moglie lontana ed il timore di presentarsi di fronte al giudizio divino macchiato dai peccati della propria esistenza. Grazie alla ricchezza di questi temi, l'archivio Datini continua ad affascinare gli storici per la sua capacità di penetrare la mentalità di un passato lontano, ben oltre la fredda cronaca delle guerre e delle successioni dinastiche. È di questo Datini che i pratesi possono giustamente vantarsi.
Francesco Bettarini - ERBA magazine
Punto Giovani Europa