Il Ratto dal Serraglio

 
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Opera in tre atti, il Ratto dal Serraglio ("DIE ENTFÜHRUNG AUS DEM SERAIL", in lingua originale) di Mozart , proposto dalla settantatreesima edizione del Maggio Musicale fiorentino che si concluderà a breve, rappresenta un vivido, chiassoso, smagliante esempio di Singspiel, genere operistico costituito dall'alternanza di parti recitate e cantate che nella Vienna del '700 si fece maggiormente apprezzare dal popolo per i suoi personaggi favolistici , parodistici ma anche per i contenuti di notevole attualità e importanza sociale.

Successivamente alle cosiddette "guerre austro-turche"(1683-1697) che per più di un decennio sconquassarono l'Europa, l'opera riflette la volontà dei regnanti tedeschi di ridimensionare la crescente xenofobia, la paura dell' "altro" che stava logorando sempre di più gli animi e che perciò non rappresentava un punto a favore per la solidezza dell'impero. Paura spesso è sinonimo di ignoranza, di non conoscenza di qualcosa che, essendoci pressoché sconosciuta, ci tiene lontani da essa ma all'occasione ci attrae, così come un magnete. Il ritratto che ne viene fuori dalla rappresentazione è l'unione di queste due convergenti inclinazioni, una negativa ed una positiva: viene proposto il turco, seppur in modo caricaturale, come simbolo di terrore ed allo stesso tempo , tramite una strabiliante coreografia, se ne fa un elogio dei fasti, delle ricchezze che trionfavano all'interno delle regge, degli harem dei pascià, luoghi che hanno occupato leggendari spazi nella letteratura europea anche con la famosa raccolta di novelle "Le mille e una notte" e che ancora oggi sono vivi nell'immaginario comune.

Proposta per la prima volta al Burgtheater di Vienna nel 1782, l'opera messa in scena a Firenze si è presentata agli occhi degli spettatori come una tavolozza impregnata dei più sgargianti colori a partire dalle vesti e dai drappeggi esotici ed orientali . La direzione musicale è stata affidata al maestro Zubin Meta, accolto da tutta la platea con grande calore.

Protagonisti sono due giovani europei innamorati, la cui unione era stata messa a repentaglio dal rapimento della ragazza da parte dei funzionari di Selìm, potente pascià turco. Dopo una serie di peregrinazioni ed espedienti il ragazzo, aiutato dall'arguzia del suo servitore, riesce a riottenere la libertà della promessa sposa, non prima di aver preso parte al più nobile fra i gesti. Il pascià infatti, che già era stato delineato come un personaggio magnanimo, sceglie di non punire con la pena capitale il viaggiatore europeo, sebbene questo potrebbe essere sembrato scontato per lo spettatore, visto che egli fosse il figlio del suo acerrimo nemico. Fa tutto ciò dimostrando quanto sia inutile aggiungere ad un misfatto un secondo ancor peggiore, quanto sia di maggiore impatto, rispetto ad una vendetta, una testimonianza di benevolenza da parte di un avversario affinché questo costituisca un primo germe di pace, di redenzione.

E' curioso quanto il tema di quest'opera sia così attuale, quanto possa fare riflettere la nostra società occidentale sempre più intimorita nei confronti della realtà turca o araba in genere. Esempio recente è stata l'avversione di molti alla partecipazione della Turchia all'Unione Europea come se ciò avesse potuto rappresentare una sorta di avamposto di un'invasione islamica in Europa.

Fra gli innumerevoli applausi il sipario si è chiuso con un'importante riflessione riguardo la necessità del perdono. Riflessione che, nei balconcini del teatro fiorentino, ha trovato una parziale opposizione nelle parole di un uomo: "Si perdoni tutti, ma Bondi no!".

Evidentemente l'uomo cercava anche così di unirsi all'opposizione generale nei confronti delle riforme del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Sandro Bondi... a lui va il premio simpatia (e acutezza)!



Nadia Maccarrone - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 27/6/2016

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