Fabbrica Europa

 

 
Nell'ambito della XVII edizione di Fabbrica Europa, festival internazionale di danza e arti performative, ho potuto ammirare al teatro Cantiere Florida l'ultima fatica di Cristina Rizzo, ex componente della storica compagnia pratese Kinkaleri.
 
Approcciandomi alla visione degli spettacoli di teatro di ricerca e di danza contemporanea con l'attitudine del coatto strappato dalla fidanzata intellettuale a una serata davanti al videopoker, non posso non provare frustrazione nel leggere il foglietto "esplicativo" di "Dance n. 3".
 
In Italia esistono tanti linguaggi all'interno della Lingua Madre, ognuno riferibile a un settore del mondo del lavoro o della vita pubblica, ognuno fumoso quanto basta e zeppo di tecnicismi: in questo caso si può parlare di "teatrese", un lessico trasversale alla maggioranza degli artisti, della serie "mi spezzo ma non mi spiego".

In sintesi, senza addentrarci nei rovi di cui sopra, Cristina Rizzo e Lucia Amara, ricercatrice di teatro all'Università di Bologna, hanno scritto insieme una partitura rielaborata poi da 3 diversi coreografi, per comporre uno spettacolo formato da 3 soli della Rizzo.

Nel primo, onestamente il più interessante, la danzatrice compie un percorso sorprendente, abbandonandosi divertita e divertente a un grammelot, a volte cantato, che a tratti ricorda addirittura le sperimentazioni di Sheila Chandra, mentre in altri momenti la fa apparire come una nipotina della Linea di Cavandoli. Inevitabilmente limitata nel movimento dall'enorme lavoro vocale, ma autoironica come non mai, Cristina trova anche il tempo di citare in maniera velata il suo passato nei Kinkaleri.

La seconda parte è l'unica dove interviene una colonna sonora (nello specifico "Cross-eyed and painless" dei Talking Heads, gruppo ricorrente nelle sonorizzazioni contemporanee); qui la danzatrice gioca con un paravento e semplici cambi di costume, ma a una velocità degna di un Brachetti, riuscendo ancora a sorprenderci, qualità rara.

Nella terza parte, più riflessiva e introspettiva, emerge il gioco di luci disegnato da Roberto Cafaggini, che sottolinea una spiritualità inusuale. Anche qua la performer mette in scena il suo immaginario personale filtrandolo attraverso più lenti e rendendolo fortemente evocativo.

Esco dal Cantiere Florida con le idee più chiare e sensazioni positive; per Cristina Rizzo questo è un lavoro riuscitissimo, non a caso lungamente meditato, il primo dell'alba di una maturità che può regalarci altri preziosi frutti in futuro. Un'artista da tenere d'occhio, e ripensando alla prima parte di "Dance n. 3", forse anche d'orecchio.

E adesso scusatemi, ma devo andare al bar....Vide o' poker quant'è bellooooooo!



Roberto Becattini - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 27/6/2016

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