La casa di Ramallah

Il ritorno al Met del grande Albertazzi

 
metastasio.it

 
Un'ora e mezzo intensa e vissuta tutta d'un fiato per seguire uno degli spettacoli più toccanti e crudi visti negli ultimi anni al Metastasio di Prato. Sulla scena uno degli ultimi maestri veri di teatro, come lo è da anni Giorgio Albertazzi.

La casa di Ramallah narra del viaggio di una famiglia di poveracci attraverso tutta la Palestina. Su di un treno di seconda classe con i bagni sporchi e guasti, padre e madre portano la loro unica figlia alla sua destinazione.
 
Myriam, infatti, è stata scelta perchè possa essere lei la prossima eroina pronta a sacrificarsi per un bene superiore ed una purificazione certa. La giovane kamikaze si ritrova al centro di un piano terroristico che la vedrà esplodere in un centro commerciale affollatissimo di persone.

Il dialogo è frenetico, sincopato, apparentemente senza un vero e proprio senso logico. Non si vuole raccontare niente di importante, si rievocano solo bei momenti della vita passata, di quando i due genitori si conobbero mentre lavoravano per raccogliere pomodori. I genitori continuano a becchettarsi tra i ricordi di una casa con vista mare tanto sognata e mai avuta (a Ramallah appunto) e i rimproveri per la madre che ha pensato solo a riempire il borsone di cibo per affrontare il viaggio, come fosse una gita qualunque.

Il treno di seconda classe viaggia per tutta la Palestina attraversando un numero infinito di città e paesi fino ad arrivare ad una meta senza speranza e ritorno. Il padre continua a ripetere e ripetersi ossessivamente le tappe già fatte e quelle future, quasi uno scioglilingua che sembra riguardare lui solo.

Su quella carrozza va in scena una disperazione che si nutre di piccoli gesti quotidiani, di quella stolida fatalità alla quale spesso il dolore può portare. Fuori dai finestrini scorre un paesaggio che non vediamo, mentre i tre attendono da un momento all'altro la probabile apparizione di qualche agente del Mossad o dello Shin Bet pronti a verificare il perché e il percome di quel viaggio.
 
Si arriva velocemente verso la parte più toccante dello spettacolo. La famiglia arriva a destinazione. La mente di Myriam, completamente sotto il controllo dei terroristi, è adesso convinta di essere pronta per il grande momento. Una telefonata. Il botto.
 
La sua vita innocente, unite a quelle di un figlio che sarebbe nato da li ad alcuni mesi e a tutte le persone presenti nel centro commerciale, volano velocamente in cielo, lasciando a terra solo un cumulo di vestiti e stracci e di corpi ormai primi di vita.



Marta Bencini - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 10/1/2017

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