Stanley Kubrick in mostra a Roma

Sedia del regista

Inevitabile cadere nel luogo comune, ma per raggirare il mistico rispetto che avvolge uno dei più grandi registi del XX è necessario smontarne il lavoro tassello per tassello, accedendo alle sue opere da quella "porta di servizio" tanto più affascinante quanto più nascosta.

La mostra in corso (fino al 6 gennaio) al Palazzo delle Esposizioni propone una retrospettiva su Stanley Kubrick presentando le regie del "maestro" con un ricchissimo materiale tecnico e preparatorio, svelando le scelte alla base di quell'iceberg del quale il prodotto filmico rappresenta la cima visibile.

Le sezioni tematiche ripercorrono la filmografia del regista. Ad una prima parte più tiepida, in cui sono presentati i tre cortometraggi d'esordio (Day of the Fight, 1951; Flying Padre, 1952; The Seafarers, 1953) e la collaborazione giovanile come fotografo per la rivista Look, seguono le "perlustrazioni" dei singoli film, compresi i progetti non realizzati. Per Napoleon, embrione del 1969, Kubrick aveva già avviato una capillare raccolta di materiale storiografico, e puntava a sperimentare capacità tecnico-fotografiche che saranno poi messe a punto con Barry Lyndon (1975).

Puntigliosa è infatti l'attenzione che il regista dedicava alla scelta di camere e obiettivi, finalizzati a realizzare effetti speciali che hanno segnato la storia del cinema; un'apposita sezione illustra tali strumenti "visivi", tra i quali la lente Zeiss, realizzata dalla NASA e utilizzata per sfruttare condizioni di luce altrimenti non accessibili.

Il carattere di Kubrick emerge con forza nella sezione dedicata alle scelte della colonna sonora, assemblaggio simbolico di un patrimonio musicale che dialoga con le immagini filmiche e con il pensiero del regista stesso («Non vedo l'utilità di pagare un compositore [...] visto che abbiamo a disposizione una tale vastezza di brani sinfonici già esistenti»).

La sacralità delle pellicole si svela allo spettatore proponendo, inoltre, la sua "materialità" attraverso accessori di scena e modellini preparatori: le tuniche di Spartacus (1960); gli studi per la centrifuga della navicella spaziale Discovery e il computer Hal di 2001 Odissea nello spazio (1968); il ciak di Arancia meccanica (1971); le maschere di Eyes Wide Shut (1999).

Uscito dalle sale della mostra, ti saluta con lettere a neon la frase celebre che sta dietro ad un grande maestro: «Se qualcosa può essere pensato, allora può essere raccontato in un film».



Francesca Martellini - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 27/6/2016

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