Quello che traspare dall'ultimo film di Virzì è un senso di preoccupazione rivolto al mondo dei giovani e al loro futuro. E la sensazione che regala per certi temi affrontati è quella presenza di un "ovosodo" in gola, che non va né giù né su, ma che toglie il fiato.
La storia, narrata dalla voce di Laura Morante, è quella di Marta (Isabella Ragonese): laurea da 110 e lode in filosofia teoretica e tutta la vita nelle sue mani una volta discussa la tesi. Una vita davvero difficile, perché l'unico lavoro che riesce a trovare è la telefonista in un call center e la baby sitter, mentre tutti i suoi ex compagni di università, che l'università tra l'altro non l'hanno neanche finita, hanno un posto di tutto rispetto all'interno di case editrici e televisioni.
Un'ingiustizia. A cui non riesce a porre rimedio neanche il sindacalista Giorgio Conforti (Valerio Mastandrea), stralunato, forse troppo idealista, diciamo poco pratico, ma l'impegno è ammirevole. Insomma, Marta decide di gettarsi nell'avventura del call center, con la speranza che qualcosa di buono possa arrivare anche da lì. Il posto di lavoro è la brutta copia di un villaggio vacanze: sigla del buongiorno, coretti motivazionali, premi e obiettivi da raggiungere. Nessuna umanità. A farla da padrona è la responsabile (Sabrina Ferilli) e il direttore (Massimo Ghini), approfittatori della fame di indipendenza di quei giovani che investono in quel posto anche tante speranze (come il precario Lucio 2 interpretato da Elio Germano).
Nel film di Virzì ci sono tutti gli elementi fondamentali che caratterizzano la società odierna: il precariato, che si nasconde dietro il falso nome di Co.co.co.; la società che non aiuta i giovani, ma che spesso se ne approfitta; l'università che lancia allo sbaraglio i laureati; il Grande Fratello, spazzatura della televisione, ma status symbol per acquistare un senso di appartenenza nei discorsi di tutti i giorni; e infine i giovani, dotati di buona volontà, con tanti sogni e pochi mezzi.
Un po' grottesco, un po' favola nera, un po' denuncia, un po' commedia: il film fa sorridere, ma a denti stretti. Dipinge, anche portandolo all'eccesso, un mondo spietato, popolato da una classe accademica vecchia e decrepita (una simbolica accusa a un sistema scolastico vecchio, ma anche ai docenti nelle università, ormai alla fine dei loro giorni, che non lasciano le cattedre e non danno posti di lavoro ai giovani) e dalle mille difficoltà che regala il precariato. Sembra proprio che per i giovani non ci sia posto nella nostra società.
Non aspettatevi lieti fine o risposte alle domande. Virzì non ne propone. Forse perché ognuno la propria strada la deve trovare da solo. O forse perché è proprio meglio non pensarci e affogare i dispiaceri nella prossima puntata del Grande Fratello.
Sara Lucarini - ERBA magazine
Punto Giovani Europa