di Roberto Rossellini
Il Neorealismo comincia da qua, nell'inverno del 1945. Il cinema del popolo, degli attori di strada, dei poveri del dopoguerra, delle vite disagiate colte quasi per caso, senza artifici. Gli italiani fatti di sciuscià, ladri di biciclette e vestiti di stracci. Il Neorealismo comincia con Roma città aperta di Roberto Rossellini, Federico Fellini e Sergio Amidei, che "senza dirselo pensavano a un cinema che non gridasse, che parlasse con umiltà alla gente, mentre la guerra continuava e sembrava, anzi, che non dovesse finire mai". Così Ugo Pirro racconta la nascita del cinema italiano nel suo libro "Celluloide", preciso affresco del dietro le quinte non solo della lavorazione del film, ma di un intero periodo storico in cui il cinema rappresentava una meravigliosa avventura, da compiere di nascosto, di notte.
Rossellini diresse questo film con pochi mezzi. Un cinema irripetibile con poca pellicola, ancora infiammabile. Un cinema che nasce dalla realtà, che corre dietro alla camionetta dei tedeschi, invece di fuggire, come nella famosa scena girata da Anna Magnani.
Quello che Roma città aperta mostra è tutto questo, un'umanità derelitta ma eroica; le facce sciupate e vissute, lontane dal divismo patinato americano del periodo. Il popolo è in attesa della liberazione americana e convive con il coprifuoco e con la fame, rintanato in luoghi angusti. I bambini giocano a fare i soldati. La sora Pina (Anna Magnani) è in attesa di sposarsi con Francesco, partigiano. Don Pietro (Aldo Fabrizi) aiuta il popolo e i partigiani ad andare avanti. Il rastrellamento e le esecuzioni sono strazianti, le scene di morte vengono raccontate come mai era successo prima d'ora.
Galeotto fu il film per la nascita della turbolenta storia d'amore tra la Magnani e Rossellini.
Sara Lucarini - Redazione ERBA magazine
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