Giorgio Galletta, Dottore in Economia e Commercio, sposa la razionalità dei propri studi con la creatività delle proprie passioni. Oltre all'insegnamento, infatti, si avvicina all'arte fotografica conciliandola con la poesia e la psicologia. Galletta, inoltre, compie numerosi studi sul colore e sui suoi significati storici e culturali. Autore di Le immagini dell'anima, l'anima nelle immagini e de Il canto dei colori, attualmente sta lavorando a Il blu, il colore dell'anima. La ricerca delle sfumature più profonde dei colori che ci circondano, scaturisce nell'analisi attenta che l'artista ha compiuto nei suoi scritti. Ogni colore rivela, dunque, un intreccio di trame che hanno viaggiato nel tempo per riversarsi nelle usanze e nei dettagli che abitano la nostra quotidianità. Galletta porta alla luce con naturalità il lato sinestetico delle persone attraverso un percorso che, partendo proprio dal colore, passa attraverso la musica e approda alla poesia.
Partiamo dal titolo della sua opera: Il canto dei colori. Quale relazione c'è tra la musica e i colori?
Per un effetto sinestetico (da sinestesia, confusione, fusione, di sensazioni sensoriali) la vibrazione
elettrica del colore (attraverso la vista), può suscitare una vibrazione elettrica (dello stesso segno
emotivo) associata alla musica, al movimento corporeo. In questo senso, un neurologo presente a
Prato mi ha chiesto se sono disposto a sperimentare il fatto.
Il suono giallo di Kandinskij, così come l'omonimo libretto che comparve a inizio Novecento dell'almanacco Il Cavaliere Azzurro, con l'intento di stabilire delle connessioni oggettive tra luci, suoni e movimento, sono testimonianze di un sentire sinestetico del mondo. Marie-Henri Beyle descrive la Sindrome di Stendhal con queste parole: "Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati". Secondo lei siamo di fronte a un sentire analogo a quello della sinestesia?
A mio avviso non siamo di fronte ad un analogo sentire; con la sindrome accennata credo che ci si
trovi difronte ad emozioni, probabilmente collegate ad un aspetto cognitivo ed esperienziale, in
soggetti emotivamente fragili che, davanti ad un'immagine particolarmente significativa per il loro
personale vissuto, sono travolti dalle emozioni. Sembra che riguardi soggetti giovani (il fenomeno
venne studiato da una psicologa fiorentina), che hanno una certa struttura mentale-culturale per cui
davanti ad un quadro particolare, (per esempio a nudi), sono incapaci di gestire l'emozione. Per me
l'emozione attinge ad un archivio personale, esperienziale; diversamente quindi dal nascere della
sensazione.
Il colore dialoga con il sentimento, la forma con l'intelletto. Il colore è il lato femminile, il
disegno quello maschile. Sembrerebbe, dunque, che entrambe le dicotomie debbano sussistere per giungere alla completezza del tutto. Due metà, che mandano la mente dal mito dell'Androgino direttamente alla cittadina di Takarazuka in Giappone, nei teatri Tak e
Kabuki.
Il Prof.Galimberti dice che noi siamo ermafroditi, nel senso che in noi albergano i due generi e
soltanto per un caso di diversa affluenza di sostanze chimiche nello grembo materno, assumiamo un
genere più definito. Aggiunge che se facciamo nascere in un deserto un maschio senza mai fargli vedere una donna, nei sogni lui sogna il femminile; l'inverso per una donna. A mio avviso, soltanto un fatto di ruoli prima e di cultura poi, ha creato una marcata differenza psicologica-culturale-emotiva tra i due generi che albergano in noi.
La duplice natura del colore, luce/buio, bianco/nero, maschio/femmina, si trova alla base della sua etimologia (celo = celare). In realtà, il colore appare maggiormente come rivelatore di significati, contaminazione di sensazioni. Nel suo libro, partendo da un'analisi storica e culturale dell'utilizzo del colore, ne affronta le molteplici sfaccettature riscontrabili nella nostra quotidianità.
Il colore inteso come celare, nascondere, è un'accezione filosofica, religiosa, dei cistercensi; che
erano contrari al colore in quanto nascondente la verità e la purezza della luce. Si, effettivamente,
fisicamente, il colore nasconde il bianco o il nero, la superficie su cui si posa, ma questo avviene
naturalmente anche senza che l'uomo provveda. Oliviero Toscani, alla mia intervista, rispose: il
mondo è a colori e così va visto.
Un bambino di fronte al foglio bianco chiede: "Cosa devo fare? Tutto quello che vuoi". Una
risposta affascinante volta a sviluppare l'iniziativa creativa liberamente. E se i colori sono
importanti nell'apprendimento dei bambini, come un linguaggio parallelo che accende le
immagini, che cosa sono i colori per i non vedenti?
I non vedenti possono avere esperienza della luce come fatto fisico-elettrico che si ha allorquando si
urta malamente qualcosa e si dice che abbiamo visto le stelle, abbiamo preso la scossa: è una
reazione realmente fisica, di luminosità, che coinvolge o il cervello, o il nervo ottico, o entrambi. I
non vedenti, personalmente, posso avvicinarli al mondo dei colori attraverso le altre sensazioni
fisiche: il tatto, il sapore, l'odorato, il suono... Quindi avvicinarli con questi mezzi alla "sensazionecolore" anziché alla sensazione suscitata dalla vista.
Luce e colore come anima e corpo, o come dice Valerio Festi, che lei cita, la luce è suono e i
colori sono gli strumenti. Che peso ha la luce nella percezione del colore e come si influenzano a vicenda, ad esempio nelle vetrate delle chiese o nel passaggio dallo splendor al lumen con la diffusione del nero?
La luce nella percezione del colore ha un peso con riferimento ai pigmenti che la riflettono anziché
assorbirla. Se vediamo il rosso su un oggetto è perché c'è il pigmento rosso che riflette il rosso,
mentre tutti gli altri colori sono assorbiti; nel nero nessun pigmento riflette un colore, nel bianco
vengono riflessi tutti con l'intera luce. Il colore poi, oltre che attraverso il pigmento, trova
diversificazione attraverso la legge ottica della luce (rifrazione, diffrazione...vedi l'arcobaleno, i
riflessi su alcuni liquidi, ecc.). Nelle vetrate delle chiese è il colore del vetro che tinge la luce che lo
attraversa.
Lei di che colore si definirebbe adesso?
Di che colore mi definisco. Ma che domanda intima! Ognuno di noi è un colore, nel temperamento;
pensa che dal nome e dal colore-temperamento di una persona riesco a fare una soddisfacente
psicoanalisi della persona stessa; come avviene non lo so, ma avviene. A Prato il Prof.Gallese mi ha
suggerito di insistere; è una cosa avvincente. Venendo alla domanda, il mio colore è il blu;
attraverso le conoscenze in proposito, mi sono riconosciuto; ho scoperto che è il mio modo d'essere:
con le sue gratificazioni e i suoi "patimenti"; ma tant'è, è così.
Supponiamo di essere in Africa. Ecco che un braccialetto di perline rosse significa "ti amo
appassionatamente". Il rosso, però, non è un colore solo legato alla passione dell'amore, lei nel suo libro gli dedica un bel capitolo nel quale ne affronta le molteplici declinazioni. Vuole
ricordarne alcune?
È il colore del sangue, quindi dell'energia della vita; quale energia, è il colore della passione (non
dell'Amore, che ha invece il colore viola, dove il rosso si sposa con la spiritualità del blu),
dell'aggressività; anche, simbolicamente, dello Spirito Santo.
Lei è anche un fotografo. Vuole raccontare ai nostri lettori di questa passione e di come si
interseca con il mondo del colore?
Sin da bambino sono stato attratto dall'immagine e la catturavo con la macchinetta fotografica; nelle
prime immagini riprese si intravede già un profilo delle mie preferenze. Da adulto, in un momento
di vuoto della vita, ho cercato conforto nel mondo del colore e in tutto ciò che comporta il suo
studio (psicologia, antropologia, religione, arte). Ne ho tratto indubbio arricchimento.
Per concludere questo viaggio variopinto di sensazioni, potremmo dire che il significato del
colore muta continuamente con l'evolvere della cultura, che di volta in volta ne arricchisce la
valenza, pur conservandone le lontane radici. È d'accordo?
Sì, può essere. Basta vedere il cambiamento del gusto manifestato con la moda in tempi diversi e in
culture diverse. Penso però, considerato il colore quale onda elettromagnetica che giunge al cervello
attraverso appositi recettori, che il suo significato più vero rimanga immutato. Pensiamo, per
esempio, alla cromoterapia adottata dagli antichi egizi: nulla è cambiato e le lampade colorate
adottate in alcuni ospedali lo confermerebbero.
Intervista pubblicata anche, dalla nostra redattrice, su www.fermataspettacolo.it
Noemi Neri - ERBA magazine
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