Il nuovo spettacolo di Daniel Ezralow WHY_be extraordinary when you can be yourself in scena al Teatro Verdi di Firenze, 11-13 gennaio.
Il sipario è aperto. Su uno schermo vengono proiettate immagini del backstage in diretta. I ballerini si scaldano, finiscono di truccarsi ed infine spariscono: sono pronti dietro le quinte. Ma prima di vederli in carne ed ossa, lo schermo ci propone altre immagini, non più dai camerini, ma quasi pubblicitarie: i volti dei ballerini che cantano in playback una canzone dei Beatles, i loro corpi che si muovono caleidoscopici, a rammentare il legame di Ezralow con i Momix. Le immagini si trasformano in schemi che vogliono presentare la società contemporanea, fatta di regole, formule, equazioni che scandiscono la vita di individui, identificati, ormai, quasi esclusivamente dalla loro professione, dalla condizione economica, dal modo di vestire. Siamo tutti "replicanti" - dicono le didascalie - che ripetono, senza anima e con fare robotico, azioni prestabilite. Lo straordinario diventa quotidiano, tutti dobbiamo essere supereroi instancabili, il tempo è denaro: bisogna correre, correre, correre.
E se invece provassimo a recuperare la nostra essenza? Quella semplicità che ci rende unici, quell'identità che è fatta di gesti improduttivi, ma necessari? Se cercassimo per una volta di essere soltanto noi stessi? Questo il concept che dà vita all'ultimo spettacolo di Daniel Ezralow fatto di corpi in movimento, musica - che spazia dai Beatles a Ludovico Einaudi, gli U2, Alanis Morisette e David Lang -, immagini e video. Una produzione multimediale che cerca di scuotere lo spettatore e avvolgerlo in un vortice di energia ed entusiasmo.
I ballerini, vestiti da manager, avvocati e donne in carriera, corrono e saltano freneticamente, senza tregua, instancabili. Ma il ruolo comincia a stargli stretto ed ecco un primo tentativo di liberazione, di emancipazione da quell'identità che il mondo frenetico ha imposto loro. Ogni ballerino si sdoppia e trova davanti a sé un altro se stesso: inizia allora a spogliarlo degli abiti da lavoro, per liberare quello spirito nudo che troppo a lungo è rimasto come intrappolato in una busta di plastica (situazione che ricorre in un'altra scena dello spettacolo). Il ballerino adesso può correre serenamente, libero dal suo ruolo e dalla sua apparenza, tornando ad essere semplicemente un corpo. Dialoga col suo spirito, che bianco fluttua intorno a lui, e finalmente può toccarlo, entrare in comunione con esso.
Uno spettacolo che punta su un'idea, sull'energia, la semplicità dei movimenti - in contrapposizione alla tendenza della danza contemporanea a cercare a tutti i costi l'esotico, l'inconsueto - sulla multimedialità e le più moderne tecnologie scenografiche. Una produzione insolita e sorprendente, tipicamente in stile Ezralow.
Mirella Pane - ERBA magazine
Punto Giovani Europa