Non tutti sanno che Franco Battiato oltre alla musica e alla meditazione ha un'altra passione e accanto a quella di cantante un'ulteriore professione: il pittore!
Il suo nome in arte è Süphan Barzani e le sue mostre in Italia e nel mondo hanno avuto inizio dal lontano 1993 (con tappe anche a Firenze alla Stamperia della Bezuga nel 1994 e nel 1999, alla Galleria "La Bezuga" nel 2007 e a Prato al Pecci nel 1995) le ultime mostre risalgano al 2010 ad Alba e a Lodi.
Interessante è capire il perché e l'inizio di questa passione dalle stesse parole di Battiato: "Una volta pensavo che la mia totale incapacità nel disegno dipendesse dalla mancanza di una naturale predisposizione ... Per analizzare praticamente questo genere di chiusura iniziai a dipingere per pura sfida: questa terapia riabilitativa mi sta privando di quel difetto, pilastro di certa consacrata pittura moderna".
Si tratta di un corpus sostanzioso, ben 80 opere tra tele e tavole dorate, oltre all'elaborazione e alla realizzazione delle copertine di due dei suoi album più famosi: Fleurs, Ferro Battuto e il libretto dell'opera Gilgamesh.
La tecnica è semplice, pittura ad olio, unita però all'uso di terre o pigmenti puri.
I soggetti sono soprattutto volti umani, perché? L'interesse è soprattutto verso la fisiognomica (come dichiarato dall'artista stesso) dato che la sua missione è quella di cercare nell'uomo i semi e segni del divino, da dove partire se non dal volto umano?! In fondo non è negli occhi delle persone che si può arrivare a leggere l'animo umano e dalla fisionomia e aspetto del volto percepire il carattere di una persona? Volti di donne, uomini dell'oriente, bambini dai grandi occhi espressivi (i tagli sono ad altezza spalle a evidenziare proprio il volto).
Sorta di linguaggio neo nabis, con colori dai toni brillanti e squillanti e le tinte stese à plat, sembra quasi riecheggiare e rievocare quel mondo e linguaggio a sua volta pregno di significati reconditi e simbolici. E Battiato non è da meno anche con quadri dalla chiara valenza onirica come quello in cui tra lo sfondo di una città mediorientale (sorta di Istanbul con le sue cupole e minareti) troviamo in alto un uomo su un tappeto volante e in basso un angelo in attesa.
Immergiamoci allora in questi volti muti e pur parlanti, in questi occhi comunicativi per aprirsi agli altri e comunicare noi stessi..
Ilenia Vecchio - ERBA magazine
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