Il romanzo narra la storia di Gemma, redattrice di una rivista scientifica, partendo dal momento in cui, a più di cinquanta anni, sente il bisogno di far capire al figlio le proprie radici e la storia del padre, Diego, fotografo morto nel 1992 durante la guerra dei Balcani.
Il libro inizia quindi con la partenza di Gemma e Pietro, il figlio, verso Sarajevo, dove ad attenderli ci sarà il poeta - amico fraterno Gojko, il quale, nel 1984, aveva fatto da guida a Gemma durante il suo primo viaggio in Bosnia sulle orme di Andric. Primo viaggio nel quale conoscerà il grande amore, Diego, per il quale lascerà la sua vecchia vita per intraprendere un nuovo cammino.
L'autrice però ripercorre anche la storia di altri viaggi effettuati dalla coppia negli anni, ognuno dei quali simboleggia un cambiamento nella vita di Gemma: da quello a Kiev, che rappresenta una sorta di viaggio della speranza, passando per quello in Croazia e per ritornare altre due volte, prima della morte di Diego, a Sarajevo.
Ma è solo nel corso dell'ultimo viaggio a Sarajevo, questa volta con il figlio, che Gemma forse conoscerà per la prima volta Diego e capirà qualcosa di nuovo su sé stessa e sul figlio.
Analizzando il romanzo da un punto di vista tecnico si deve sottolineare come l'uso della prima persona (l'io narrante è Gemma), che per definizione non può essere onnisciente, lasci fin troppo in ombra il carattere e la personalità degli altri personaggi, che sembrano essere meri attori che compaiono sul palcoscenico della vita di Gemma.
Dei vari personaggi l'autrice ci restituisce l'immagine che Gemma ne ha e che, si capirà alla fine, è falsata dai preconcetti e dalle verità non dette. Se quindi da una parte la prima persona aiuta la scrittrice a scrivere e ad utilizzare tecniche come il flah-back, dall'altra lascia il lettore perplesso poiché restituisce un'immagine della realtà che è influenzata da un solo punto di vista. Soprattutto nell'ultima parte forse sarebbe stato più "giusto" lasciare la narrazione ad Aska, dato che è lei ad aver vissuto in prima persona gli eventi narrati.
Da un punto di vista stilistico l'uso di piani temporali sfalsati, soprattutto all'inizio, rende un po' difficoltosa la lettura; scelta stilistica che verrà abbandonata a metà del romanzo, forse per poter aiutare meglio il lettore a calarsi nella storia.
Passando poi alla trama si deve sottolineare come alle volte alcune tematiche importanti, come la guerra o l'infertilità, vengano poste sul piatto senza che si sviluppino completamente. Non si capisce bene se sia una storia di amore che ha come scenario la guerra e l'infertilità di una coppia, oppure se sia un romanzo di guerra in cui si sviluppa una storia di amore.
Essendo queste tematiche abbastanza importanti e cariche di significato, sembra quasi che si sia in presenza di una banalizzazione ingiusta di queste.
La protagonista appare poi come un personaggio abbastanza egoista e visto che, come abbiamo detto in precedenza, è lei che guida la narrazione del romanzo, spesso gli altri personaggi, soprattutto gli uomini della sua vita (Diego, il padre Armando, il figlio Pietro) appaiono come personaggi svuotati e non psicologicamente sviluppati. Fortunatamente, almeno alla fine, si riesce a comprendere qualcosa di più della psiche di Diego e il perché di molte sua azioni.
A conti fatti è un romanzo che, soprattutto nella parte centrale, presenta vari elementi di validità, ma che spesso, proprio a causa della scelta di raccontare il tutto da un solo punto di vista, rischia di diventare una storia banale e leggermente deludente.
Titolo: Venuto al mondo
Autore: Margaret Mazzantini
Anno: 2008
Casa Editrice: Arnoldo Mondadori Editore
Pagine: 531
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