La compagnia teatrale Progeas-Prosmart, dopo un' attentissima lettura della corrispondenza di Antonio Gramsci durante il suo "excursus" nelle varie prigioni italiane da metà degli anni '20 in poi, ha saputo riprodurre con 4 scene diverse per scenografie e tempi, tutti i vari sentimenti , le frustrazioni, la fermezza ideologica del grande teorico sardo.
Nella prima, durante la quale viene arrestato, l'attore che impersona Gramsci riesce a far sentire allo spettatore quanta convinzione avesse il rivoluzionario nelle sue idee anti-fasciste. E' molto brava anche l'attrice che recita la parte della cognata, che , grazie anche a un suggestivo gioco di specchi, parla da dietro il pubblico con una voce molto dolce, mentre l'immagine viene proiettata, per così dire, sul palco.
Nella seconda scena invece, grazie all' uso di un monitor, vari personaggi, amici e conoscenti di Gramsci, ma anche persone a lui estranee (bruti che percuotono il pavimento senza un briciolo di cultura) parlano fra loro di varie idee politiche. "I criminali, i bruti, tentano di fuggire dal carcere segando le sbarre delle inferriate, calandosi con i lenzuoli da alte finestre, da muraglie a picco; o tagliandosi le vene dei polsi. Gli uomini colti, civili tentano di evadere attraverso l' intelligenza, la cultura, la poesia": questa è la frase che racchiude tutto il senso di quest'altra rappresentazione.
Nella terza scena il protagonista soffre terribilmente l'assenza di figure familiari a cui può e che possono trasmettere affetto. Molto commovente la parte del figlio di Gramsci, ormai attempato, che sogna un fittizio incontro col padre. Qua, non ancora per molto, purtroppo, il politico, l'intellettuale, l' uomo che è in Antonio Gramsci si sente totalmente abbandonato da tutti tranne che da se stesso: ha ancora un barlume di lucidità.
Nell'ultima scena invece, che a livello temporale coincide con il ricovero del politico all'interno di un ospedale psichiatrico, il corpo nudo di Gramsci viene ricoperto da numerosissimi bigliettini di carta tenuti sospesi da dei fili invisibili. La stanza è completamente buia e le scritte, i contenuti dei foglietti , uniche cose luminose, non sono altro che un continuo flusso di coscienza. La voce dell'attore protagonista, molto rapida e bassa li "legge" in maniera chiara e scandita, rendendo il tutto una sorta di viaggio mentale anche per lo spettatore.
Lo spettacolo si conclude così e con un convinto scroscio di applausi.
Davide De Matteis - ERBA magazine
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