E' un vero e proprio salto nei "ruggenti anni '20" quello che si trova a compiere lo spettatore alla vista de Il Grande Gatsby (dal 16 maggio in tutte le sale cinematografiche italiane).
Gli arredamenti, i vestiti, gli oggetti, i mobili, i soprammobili, le acconciature, le macchine, tutto ma proprio tutto, dal benché minimo particolare o finitura di un mobile o del parquet, al vaso di fiori, fino alle case e alle città, riportano a quel mondo e all'idea che da sempre se ne ha.
Sembra di respirarne perfino l'aria: il boom economico, il lusso e la frenesia delle feste unita all'estrema povertà e ai disagi del mondo dei lavoratori, dei più poveri e degli emarginati dalla società. La ricostruzione è perfetta e impeccabile, eppure questa mirabolante "macchina del tempo" è ricondotta al presente conducendo un'opera di ammodernamento, aggiungendo alle inconfondibili e caratteristiche note jazz, sonorità vicine a quelle di oggi.
Ecco allora che le strabilianti feste nella villa di Gatsby vengono rinfocolate da canzoni spesso contemporanee. Solo per citarne alcune abbiamo "Back to Black" cantata da Andre 3000 & Beyoncé, "Crazy in Love" rieditata in ritmo jive cantata da Emeli Sandé e molti brani composti ex-novo per l'occasione (come i brani di J Z, Lana del Rey ecc).
Escamotage sonoro che viene usato per ricordare che i tempi sì cambiano ma certe problematiche, ahinoi, persistono!
Del resto a ciò il regista Baz Luhrmann ci aveva già abituato col precedente Moulin Rouge (anno 2001) ambientato nell'800 e accompagnato da un sound moderno che ha dato seguito ad altre "operazioni" dello stesso tipo, basti pensare a Marie Antoinette di Sofia Coppola del 2006 con musiche punk rock della scena anni '90 americana.
Leonardo di Caprio, che col regista aveva già lavorato in Romeo+Giulietta di William Shakespeare, giovanissimo nel lontano 1996, noto al grande pubblico come attore estremamente versatile e reduce dal grande successo del thriller psicologico Shutter Island del 2010, mette qui in evidenza la sua enorme crescita personale e professionale. É encomiabile nel ruolo del misterioso e affascinante Jay Gatsby, riuscendo a interpretarlo in tutte le sue sfaccettature: l'uomo del mistero, il gangster, l'innamorato, il pericoloso assassino, l'ingenuo, l'uomo fiducioso della bontà altrui e sempre pieno di speranza.
Non è da meno Tobey Maguire, il quale interpreta Nick Carraway, "il narratore", col suo viso da "bravo ragazzo" e l'ormai inconfondibile nonché tipica espressione e mimica da "sfigatello" e puro d'animo che si addice perfettamente al ruolo del cugino di Daisy. É lui l'unica farfalla bianca superstite nello sciagurato mondo vuoto e insulso dei falsi, opportunisti e incontentabili ricchi nobili americani.
In questo film, come d'altro canto nel libro, viene smantellato pezzo per pezzo l'ideale americano del self-made-man, dell'uomo che si fa da solo. Viene enfatizzato come il provenire da un certo passato condizioni la vita di un uomo, il quale cerca la ricchezza solo per poter raggiungere un certo status quo, ritenendo possa essere questo la panacea per i suoi mali d'amore. Gatsby ricalca in sostanza il mito dell'uomo solo che combatte per la propria idea di amore in una società di facciata, debilitata dagli eccessi e che alle prime debolezze rischia di crollare come un castello di carta. Sullo sfondo la crisi economica del 1929, che fu soprattutto una crisi dei valori. Crisi che nel film - a differenza del libro - è rimarcata notevolmente, dato che proprio nel 1929 Nick Carraway viene internato in manicomio per abuso di alcool. Quello che è ancor più interessante è che il regista trovi provocatoriamente delle similitudini fra la crisi morale/economica degli anni Venti e quella che stiamo vivendo oggi, in una sorta di continuità temporale, rimarcando il fatto che il presente, in realtà, altro non è che una riproposizione del passato.
Sono memorabili alcune frasi e battute del film, le quali restano ben impresse nella mente dello spettatore come marchiate a fuoco, sorta di memento mori, fino alla fine del film:
Nick dice: "Non si può ripetere il passato". Gatsby: "Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può" .
Nick: "Loro sono tutti marci, tu da solo vali più di tutti quanti messi insieme".
E ancora le parole di Nick che si stagliano nette, anche grazie alla messa in evidenza di alcune parole nel corso del film, a citare proprio testualmente il capolavoro di Fitzgerald:
"Erano gente indifferente, Tom e Daisy - sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro ampia indifferenza".
"E mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia [...] e una bella mattina [...] Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato".
Titolo Il Grande Gatsby
Tratto da opera omonima di Francis Scott Fitzgerald
Titolo originale The Great Gatsby
Regista Baz Luhrmann
Cast Leonardo di Caprio nel ruolo di Jay Gatsby, Tobey Maguire (Nick Carraway), Carey Mulligan (Daisy Buchanan), Joel Edgerton (Tom Buchanan)
Genere Drammatico
Nazionalità Australia, USA
Anno di uscita 2013
Nelle sale 16 Maggio 2013
Durata 142 min.
Nick Carraway, da poco trasferitosi a Long Island, fa la strana conoscenza del misterioso e ambito Jay Gatsby, suo vicino di casa che, ogni fine settimana, apre la sua strabiliante villa per mirabolanti e strabordanti feste. Ma chi è veramente? Qual' è il vero motivo delle feste? L'affascinante Daisy Buchanan, cugina di Nick e amore giovanile mai dimenticato del giovane Gatsby, non ancora ricco e così all'apice del successo.
Ilenia Vecchio e Glenda Pagni - ERBA magazine
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