La lentezza di quelle mani toglie il fiato. Perchè l'amore è concentrazione. E' attesa. E' perdita. E' un lungo viaggio dentro di sé, molto più lungo di tutti i chilometri che ci dividono dall'altro capo del mondo.
Tratto dal best seller letterario di Alessandro Baricco, la trasposizione cinematografica di Seta ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Dieci anni per trarre una sceneggiatura e poi due ore di proiezione da un libro di appena cento pagine.
Il film forse non raggiunge l'intensità emotiva della versione cinematografica de La leggenda del pianista sull'oceano (da Novecento), ma anche il lungometraggio di François Girard (e prodotto da Procacci), con un ancora acerbo Michael Pitt (Hervè Jancour), la onnipresente Keira Knightley (Hélène) e un fondamentale Alfred Molina (Baldabiou), ha una sua ragione di esistere.
Nonostante alcuni aspetti del libro siano stati rielaborati (la ragazza che nel film è orientale nel libro ha tratti occidentali, Hélène e Baldabiou hanno un ruolo più pronunciato sullo schermo), il senso della storia di Baricco rimane praticamente inalterato.
Due giovani si amano alla follia. Lui è costretto a compiere continui viaggi in Giappone per procurare bachi da seta sani per la sua città. Alla fine del mondo conosce un popolo, una civiltà, una cultura e un'altra donna che non immaginava potessero esistere. E i suoi viaggi diventano per lui necessari, quasi vitali.
François Girard traspone sullo schermo il libro in maniera rigorosa. Accusato di un eccessiva lentezza e di una carenza di introspezione psicologica dei personaggi, il lavoro del regista canadese restituisce invece la sensazione di sospensione e di attesa che la scrittura di Baricco regala. Non una storia d'amore. Non soltanto. Ma una storia fatta di tempo, movimenti, attese, dolori e desideri. Di vita che scivola via veloce tra le mani come la seta; di sentimenti fragili come delle minuscole uova di bachi da seta che muoiono al primo disgelo. Una storia sul tempo che passa, sulla necessità di andare lontano, di aprirsi a luoghi sconosciuti per comprendere poi meglio quello che ci aspetta al nostro ritorno.
Sara Lucarini - ERBA magazine
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