Regia di Kenneth Branagh. Con Michael Caine e Jude Law. Sceneggiatura di Harold Pinter. Produzione USA 2007.
Un confronto tra due uomini, o, forse, un confronto con se stessi
Una storia semplice, basata su sentimenti universalmente condivisibili, sta alla base dell'ultimo film diretto da Kenneth Branagh: due uomini, uno più vecchio e uno più giovane, si sfidano e lottano - fisicamente e psicologicamente - per la stessa donna, dando vita ad un gioco estremo ed ambiguo che li sconvolgerà entrambi. Raccontato così potrebbe quasi sembrare un film d'azione. Sleuth, invece, è un film sintetico ed essenziale, la cui forza nasce dalla parola e dallo spazio scenico: un testo teatrale, si direbbe. Ed infatti la riscrittura della sceneggiatura - il film è un remake de Gli insospettabili, diretto da Mankiewicz nel 72, a sua volta tratto dal testo di Anthony Schaffer - è firmata dal premio Nobel Harold Pinter, e si vede, soprattutto nelle pennellate decise, ma sottili, che danno vita al film.
Una casa particolarmente ambigua racchiude l'azione: da fuori villa antica, ma all'interno trionfo della tecnologia; come dire, il passato ed il presente. In questo recinto i soli due personaggi - il vecchio ed il giovane - si trovano in competizione, uno di fronte all'altro, quasi fossero davanti ad uno specchio. Facendo leva uno sull'esperienza, l'altro sulla mente fresca, cercano di umiliare l'avversario, di distruggerlo, di annientare la sua personalità. Il gioco prende piega ed eccita a tal punto i giocatori da far dimenticare loro l'effimera posta in gioco: la donna che si contendono si affievolisce sempre di più, non riesce a trovare una sua consistenza. La casa buia e fredda che li tiene prigionieri amplifica i loro impulsi, affila le loro parole, insozza le loro intenzioni. Gelosia? Orgoglio? Egocentrismo? Si scatena un vortice di sentimenti e reazioni d'istinto che avvolge tutto, la casa, il gioco, loro. Nasce una sorta di intesa, si intravede una somiglianza, un punto di contatto, che però non può essere tollerato, qualunque siano le conseguenze. Uno dei due deve prevalere, l'altro deve soccombere. Ma chi è, in fondo, lo sconfitto?
Michael Caine ha superato se stesso, grazie ad un personaggio che esalta le sue fattezze. Le sue palpebre immobili e semichiuse danno corpo allo spirito pindaresque che regna sulla scena. Jude Law stupisce, rivelando una versatilità inaspettata. La sceneggiatura non sbaglia un colpo. La regia amplifica l'effetto - attenta, furba e complice - coadiuvata da una fotografia geniale. Un capolavoro drammatico e cinematografico che merita un posto d'onore ai prossimi Oscar.
Mirella Pane - ERBA magazine
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