Scrivere dell'opera The Naps of Polly Sleepyhead di Peter Newell, sfruttando la materia prima in questione come pretesto per superare la tavola e approdare altrove, si offre come occasione per immergersi e sondare le profondità del proprio vorace immaginario in perenne espansione, scendere negli abissi oceanici e risalire guardando fisso le immagini che man mano si ricompongono sopra il velo dell'acqua, forme in divenire che con la loro silhouette nitida e sofisticata parlano in circolo del sonno e della veglia, dell'immersione e della risalita.
I tre movimenti di Polly -veglia-sonno-risveglio- battono il tempo, definiscono il ritmo delle immagini aprendo al teatro onirico di palpebre abbassate dove il possibile ha il potere di edificare le sue architetture contorcendo il reale fenomenico, partendo dagli stessi elementi che in esso brulicano. Quelli di Newell sono esperimenti in provetta, prelievi responsabili dall'universo carrolliano in cui Alice balza nel corpo di Polly e percorre di tavola in tavola gli stessi gradini, fuori-dentro la realtà, diretta nella bolla del sogno. Del resto la meraviglia di Alice di Carroll aveva già intercettato l'orbita di Newell, segnando e orientando il suo gusto verso le dissertazioni sul paesaggio onirico di una bambina addormentata. Come in Carroll, il sogno è una propaggine dello stato di veglia dell'individuo, momento prediletto per slegare le cose dal loro impiego pratico e per farle fluttuare fuori dall'ordinario con lo stesso incanto di un bambino posto difronte ad una lanterna magica, dove luce e colore distorcono le forme, acuendo i sensi dimenticati.
Il sogno per Newell è un'ellissi narrativa in cui gli oggetti si animano, esprimendo il loro demone giocoso e anarchico, agendo nello spazio manomesso.
I frutti delle marachelle oniriche degli oggetti servono specularmente a collegare i cambiamenti reali che intercorrono tra la veglia e il risveglio: il sogno è una copertura mostrativa degenerata del lasso di tempo e di cambiamento che avviene nel mondo reale. Se nella realtà vediamo Polly che si addormenta e che frana fisicamente sugli oggetti modificando il loro stato, nel racconto di Newell si nasconde quella relazione causale, inserendo la parentesi onirica, concedendo così per qualche tempo alla causa di collegarsi all'effetto in maniera altra, gustosamente surreale, beneficiando solo della visione onirica come spiegazione ai fenomeni.
I sogni di Polly sono anche formula e forma di assoluzione: si ribaltano i ruoli e la bambina si ritrova vittima di tiri mancini pianificati da ragni, marionette, palloni di gomma, scatole magiche e bambole di pezza che si interrompono di netto quando il loro climax è giunto all'apice, lasciando Polly con qualche guaio -questa volta reale- per il quale può maledire solo l'ingenua e assonnata sbadataggine che le è propria. Il terreno del sogno è dunque anche sentiero che svia e disorienta chi si lascia ammaliare, e Newell vi si abbandona dolcemente, come dolci sono i tratti del suo disegnare, scegliendo di attuare il trucco ludico del ribaltamento di senso, un senso che trasmigra da parole e cose, che crea artifici e alibi, che maschera pur mostrando, un ponte alto e sottilissimo che collega il prima all'adesso.
Martina Bartalini - ERBA magazine
Punto Giovani Europa