Sono ormai trascorsi cinque anni dalla mia esperienza in Erasmus, svoltasi in quel di Louvain-la-Neuve, una piccola città universitaria (in breve una sorta di enorme campus) ad un'ora circa di treno da Bruxelles.
Premetto che non vi ammorberò raccontandovi quanto sia stata fantastica questa esperienza, di quanto mi sono divertito, di quanto sia stato positivo l'impatto con un'università straniera, di quanta gente meravigliosa ho conosciuto e così via.
Voglio raccontarvi quello che successe dopo, una volta tornato a casa. Internet è zeppo di articoli su quella che viene definita "crisi del post-Erasmus", molti dei quali finiscono con l'elencare alcuni (corretti) consigli su come superarla.
Beh, io parto subito dicendovi che, in un certo senso, non la si supererà mai.
Essa si manifesta poco dopo essere scesi dall'aereo ed aver fatto ritorno a casa. Una volta disfatte le valigie, come una scudisciata nelle natiche, una semplice e banalissima constatazione ci colpisce duramente: l'Erasmus è finito. E doveva finire, lo sapevamo fin dall'inizio. Ed il bello è proprio quello, quando realizzi che l'unico aspetto negativo di una simile esperienza è dato dal fatto che un giorno, ahimè, finisce.
Torni a casa e fatichi incredibilmente a riprendere la vita di tutti i giorni. Questo aspetto è ulteriormente aggravato se (come nel mio caso) l'Erasmus ha coinciso con la prima esperienza fuori di casa.
Tornare a vivere con i genitori è dura, molto dura. Fino ad una settimana prima facevi tutto da solo: cucinavi, facevi la spesa, ti lavavi i vestiti (spesso con esiti disastrosi) e così via. Una volta rientrato nel nido, d'improvviso, regredisci e, a malapena, riesci a rifare il letto ed a rimettere in ordine la tua stanza. Finisci con il sentirti un bambinone viziato e non ce la fai a reagire.
Non è facile nemmeno riprendere il contatto con gli amici di sempre. Sei stato via alcuni mesi e, ovviamente, loro sono andati avanti con la loro vita. Egoisticamente pensi che avrebbero dovuto aspettarti a gloria, accoglierti con feste e striscioni ma, alla fine, non va così, non può andare così. Un suggerimento: evitate di tediarli continuamente con i vostri racconti dell'Erasmus, almeno che non ve lo chiedano loro, finireste con il crearvi il vuoto intorno, rischiereste di dare l'impressione di quello che se la tira perché, per qualche mese, ha vissuto "meglio" di loro.
Non è carino. Per niente.
Un'altra cosa: le uscite serali, i locali notturni, tutto ti sembrerà infinitamente noioso, arriverai a chiederti "ma come facevo a venire in questi posti?". Beh, che dire, la vita non è fatta di feste universitarie in città straniere, ed a questo dovrai abituarti.
Infine, ti mancheranno tutte le persone (dalla prima all'ultima) che hai conosciuto durante la tua esperienza. Con molti di loro sei arrivato ad un livello di amicizia quasi fraterna, non potranno non mancarti. I social network potranno fare una piccola parte, ma sicuramente non colmeranno mai il vuoto. E quindi? Finirai con il promettere rimpatriate periodiche, giurerai che vi sentirete spesso, spessissimo. Beh, molto probabilmente non succederà.
Ognuno riprenderà con i propri cavoli e finirà con il rimembrare e basta i mesi in cui studiava all'estero.
Una cosa è certa: l'affetto che ti lega alle persone che hai conosciuto in Erasmus resterà immutato. Te ne accorgerai quando ti capiterà di rincontrarli, magari dopo anni (perché li rincontrerai, questo è scontato).
Avete condiviso un'esperienza di vita unica, ed è questo quello che conta, il passare degli anni non potrà certo cancellarlo.
E' per questo che la crisi del post-Erasmus non si può superare.
Rimarrà sempre dentro di te, a causa del fatto che l'esperienza trascorsa è unica ed irripetibile e continueremo a ripensarci ed a ricordarla con emozione anche a distanza di anni.
La crisi del post-Erasmus non si può superare perché ci accorgiamo che, se non fossimo andati in Erasmus, sarebbe stato assai peggio.
Iacopo Innocenti - ERBA magazine
Punto Giovani Europa