Sullo schermo con i Rolling Stones

 

"Immergersi nel blues in un umido appartamento di Londra per tutto il giorno, con la nostra intensità, non era molto diverso dal farlo a Chicago" ha scritto Keith Richards nella sua autobiografia Life, ricordando anche che "finché eravamo assieme, potevamo fingere di essere neri."
 
Non hanno scordato le loro origini i Rolling Stones, questo è sicuro: origini che affondano nel blues dei neri e di cui hanno dato un ulteriore prova al concerto a Londra, ad Hyde Park, a luglio del 2013, facendo scorrere sullo schermo dietro al palco immagini dei più grandi bluesman della storia.
 
Il concerto del 6 e del 13 luglio è stato filmato e poi trasmesso nei cinema italiani solo per un giorno, il 5 dicembre, con il titolo "Sweet Summer Sun - Hyde Park Live" unito a spezzoni del primo concerto tenuto dagli Stones ad Hyde Park, nel 1969. Una 'lezione' dei grandi esperti del rock, Ernesto Assante e Gino Castaldo, ha introdotto il concerto, ripercorrendo la storia della band inglese, dalle sue origini fino al concerto di Altamont, dalle tensioni degli anni Ottanta alle ultime riconciliazioni che hanno portato al tour celebrativo dei 50 anni.

Il debutto al Marquee di una luccicante Swingin' London nel '62 ha segnato l'inizio di una band che ha descritto tutte le epoche che ha attraversato, pur non senza polemiche da parte della critica. Album migliori e album peggiori si sono susseguiti, regalando canzoni che sono diventate poi veri e propri inni di vari periodi storici: (I can't get no) Satisfaction per gli anni Sessanta, It's only rock 'n'roll per i Settanta, Start me up per gli anni Ottanta, durante i quali la band sembra sgretolarsi sotto 20 anni vissuti pericolosamente, ma che riesce sempre in un modo o nell'altro a riscattarsi. Se non altro con i live, la cui forza sta nella capacità da parte di Mick Jagger di coinvolgere il pubblico. Una forza ed un'energia percepibili anche attraverso uno schermo, una forza che ha fatto cantare gli spettatori seduti sulle poltrone del cinema insieme a quelli che a Londra scandivano 'no satisfaction' incoraggiate da Jagger.

L'atmosfera che si percepisce guardando quelle immagini e ascoltando quelle canzoni è bella: 'Riff' Richards che gioca e ride compiaciuto con Ron Wood e che a volte sembra sorpreso e al tempo stesso divertito, Mick Jagger che si muove sicuro come sempre su un palco costruito fra due immensi alberi, Charlie Watts, l'anima del gruppo anche se di poche parole, che rimane impenetrabile dietro la sua batteria. Come nel lontano 1969, quando Brian Jones, il fondatore della band era appena morto annegato nella piscina della sua casa, anche stavolta dopo 44 anni Mick Taylor è salito sul palco. Proprio quel Mick Taylor, ora invecchiato e ingrassato, che sostituì il caschetto biondo degli Stones, ha suonato per più di un'ora con i vecchi compagni, alimentando la leggenda dei Rolling Stones. Con lui vi erano anche il vecchio amico e sassofonista Bobby Keys Daryl Jones, Chuck Leavell e Lisa Fischer, eccezionale nel suo ballo sul palco con Jagger durante l'esecuzione di Gimme Shelter.

Ma è forse è quel grido finale 'no satisfaction', intonato dai Rolling Stones insieme a migliaia di persone, ad impressionare per la sua estrema modernità: un grido di insoddisfazione che travalica ogni epoca, oggi più attuale che mai, in un periodo in cui tutto è a portata di mano, ma niente sembra appartenere pienamente a nessuno. 

 


 
 

 

Sara Relli - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 10/1/2017

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