Kiss Kiss Band Band: King of the Opera

Il pittore della musica

 
fotografia concessa da King of the Opera

Dopo un lungo lunedì di lavoro, torno a casa un po’ infreddolita, sapendo che mi aspetta una piacevole chiacchierata con Alberto Mariotti. Alberto è King of the Opera, secondo classificato al bando Toscana100Band.

Squilla il telefono e con stupore dall’altra parte mi risponde una voce calda e profonda, una delle cose più piacevoli per le orecchie.

Così inizia la nostra intervista.



Alberto, prima eri Samuel Katarro, poi King of the Opera come gruppo, ora sei di nuovo solo tu. Perché questo passaggio? È cambiato qualcosa nella tua musica?
Il cambiamento a livello musicale è avvenuto più che altro tra il primo e il secondo mutamento, adesso sono tornato da solo non per mia volontà: gli altri due componenti del gruppo hanno scelto di intraprendere altre strade musicali e io ho comunque deciso di mantenere il nome del gruppo. Ancora non c’è stata una vera e propria prova musicale da King of the Opera solista, quindi non so dirti con esattezza se ci sarà o meno un altro cambio musicale. 

Quali sono le differenze tra lavorare in gruppo e lavorare da solo?
Dipende molto dal peso che dai alle altre parti del gruppo, io non ho mai voluto ad esempio che fossero solo dei turnisti o eseguissero delle parti, ho sempre cercato di coinvolgerli e sfruttarli in maniera positiva secondo le loro qualità migliori; per quanto mi riguarda hanno sempre avuto un peso rilevante, per cui cambiano molte cose nel lavoro da solista: sicuramente ho più libertà ma allo stesso tempo ho meno spunti, il modo di lavorare è più solitario e ho meno confronto con altri musicisti. Lo scambio a livello musicale mi è sempre piaciuto e mi sta mancando, ma per il momento sono abbastanza convinto di continuare da solista.

Come è stato partecipare al bando Toscana100Band?
È stata una cosa decisamente nuova rispetto ad altri contest, come Rock Contest. In Toscana100Band non era prevista l’esibizione dal vivo. È stata la prima volta che ho partecipato ad un concorso del genere. Oltre al vantaggio economico, la cosa che mi è piaciuta di più è aver avuto l’opportunità di conoscere molti musicisti e soprattutto grazie ai momenti di formazione dopo la selezione abbiamo potuto condividere le nostre esperienze. Questa è stata la parte più bella perché ci siamo scambiati opinioni e sono nate (o stanno nascendo ancora) collaborazioni spontanee.

Spesso ti sento parlare di condivisione e contaminazione. Che ruolo ha nella tua musica questo modo di fare?
È bellissimo, quest’anno infatti ho lavorato anche come produttore artistico per un altro gruppo che è stato anch’esso selezionato per Toscana100band, i Flame Parade. Sto collaborando anche con un altro gruppo Tutte le cose inutili. Per me è come se fosse uno step successivo al lavoro da musicista: collaborare come produttore e supervisionare progetti altrui; tra l’altro influenza anche il mio modo di fare musica, anzi credo che l’influenza sia reciproca.

Quali sono i tuoi riferimenti artistici più influenti? 
Il rapporto con i miei riferimenti artistici è un po’ strano: a parte l’album Beach Party dove le canzoni vorrebbero fare una sorta di parodia di vari artisti, nei periodi successivi ho cercato di estraniarmi molto e chiudermi nel mio mondo per scrivere senza pensare di ri-fare qualcosa.

 

Come nasce una canzone?
Ognuno ha un metodo diverso, io parto sempre dalla musica e le parole arrivano dopo, anzi spesso sono al servizio della musica. Di solito è una piccola idea musicale, un frammento, un’immagine che ti apre le porte dell’ispirazione, fino ad arrivare a qualcosa di più concreto. A volte mi sembra di comportarmi più come un pittore che come un musicista: ho un’immagine in testa e cerco di metterla in musica. Non è semplice da spiegare… Io dico sempre che una canzone riesco a finirla quando me la sento addosso e mi rispecchia.

C’è un brano cui sei più legato?
Una è Rustling dall’album The Halfduck Mystery e l’altra è The halfduck misery dall’album Nothing Outstanding, sono due brani in parte simili, ma oltre a essere scritti meglio sono anche quelli che rispecchiano di più il mio mood.

Cosa vuol dire fare una cover?
Ci deve essere dietro un’idea carina, è una cosa divertente ed è come fare un piccolo esperimento: praticamente significa reinterpretare un brano non tuo secondo una personale chiave di lettura. Fare una cover è un modo curioso di esplorare musica, io stesso spesso ascolto cover di altri musicisti.

Cosa ci dovremo aspettare alla tua esibizione ad Officina Giovani?
Sicuramente tante cose tratte da Pangos session, l’ultimo album, ma andrò a ripescare anche pezzi molto vecchi scritti come Samuel Katarro. Sarà un bel mix. E forse… ci potrebbe essere una collaborazione sul palco con i Sinedades che si esibiscono prima di me. Erika ha una voce bellissima e due giorni fa sono venuti a sentirmi a un concerto e lei si è innamorata di una canzone in particolare, chissà se ci riusciremo…

Bene, un motivo in più per venire al concerto giovedì 1 dicembre @ Officina Giovani


Per informazioni su King of the Opera

 

 

Elena Janniello - ERBA magazine
 
Punto Giovani Europa

Ultima revisione della pagina: 10/1/2017

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