Di
e con: Giulio Cavalli
Alla
chitarra: Federico
Rama
Ma
non è forse che siamo tutti teste di minchia, noi che avevamo
sognato di sconfiggere la mafia applicando la legge e parlandone
dappertutto? Perché ridere di mafia è antiracket culturale. E le
mafie, come tutte le cose terribilmente serie, meritano di essere
derise. Falcone e Borsellino li commemoriamo eppure non hanno nemmeno
finito di raccontarci tutta la storia. Ancora non sappiamo chi ha
posato i fiori e chi ha posato le bombe. Non se ne parla più, non ne
parlano più. Le mafie sono scomparse dai radar del dibattito
pubblico e della politica eppure le operazioni raccontano una realtà
diversa. I mafiosi sono sempre gli stessi: hanno nomi e cognomi (che
non vogliono che vengano pronunciati e invece li pronunciamo), sono
goffi e imbarazzanti nelle loro storie e nelle loro intercettazioni
(che noi leggiamo sul palco, cosa c’è di meglio?) e abitano
tranquilli facendo finta di essere buoni cittadini. Poiché ridere di
mafia è il modo migliore per neutralizzarla e praticare la memoria
di Falcone e Borsellino è il modo migliore per onorali, ridere e
ricordare sui palchi è il modo migliore per additarli e per
cominciare a sconfiggerli (e costringere chi deve farlo a farlo). Si
rivendono come autorevoli boss, sono sempre le uniche vere teste di
minchia.
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Data
dello spettacolo: da
definire
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso
gratuito
Testo,
video e regia: Davide Del
Grosso
In
scena: Marta Mungo e
Davide Del Grosso
Scene:
Caterina Berta
Luci:
Marco Zennaro
Foto
di scena: Camilla
Canalini
Direttore
di produzione: Franco
Spadavecchia
L’industria
tessile produce da sola più CO2 del trasporto ferroviario, marittimo
e aereo messi insieme. Dal 2000 ad oggi la produzione di abiti è
raddoppiata, anche se i singoli capi vengono indossati meno della
metà che in passato; 150 miliardi di vestiti per 7 miliardi di
persone. Un’orda tessile che si trasforma in rifiuto, milioni di
tonnellate di indumenti che arrivano in discarica generando metropoli
di spazzatura tossica. Intanto, dall’altra parte del mondo, terre
millenarie sono sfruttate al punto da non generare più nulla: specie
animali scompaiono in una nebbia di pesticidi e diserbanti, i fiumi
si colorano di giallo, cobalto e ogni altro colore che scegliamo per
alimentare le 52 nuove stagioni di moda all’anno che pretendiamo di
produrre; i pesci muoiono e qualcuno, che con quell’acqua vive, si
ammala mentre lavora al buio dei sottoscala e dei campi di notte, al
buio di qualsiasi diritto umano e lavorativo. E spesso sono bambine e
bambini. All’estremo opposto di questa catena si trovano una
ragazza o un ragazzo, un giovane consumatore educato fin dalla più
tenera età a credere di avere intimamente bisogno di un certo
marchio, di quel preciso logo sul petto, quel paio di scarpe firmate.
Il mondo della fast fashion è l’esempio eclatante di un sistema al
collasso, di un certo modo di produrre attraverso lo sfruttamento di
persone e risorse ambientali che sta finalmente mostrando i suoi
limiti, ma che ancora perdura. 'Fashion victims' si propone di
mostrare, attraverso il racconto di una ragazza e di un ragazzo, due
facce della stessa medaglia: da una parte un occidente bulimico e
inconsapevole delle proprie azioni, e dall'altra parte un altro
mondo, il terzo o il quarto, in cui ogni risorsa, compresa quella
umana, viene sfruttata fino a esaurirsi. Giacomo Leopardi nelle
Operette Morali immaginava la Moda dialogare con la Morte, entrambe
figlie di un mondo destinato ad esaurirsi. Due secoli dopo la partita
è reale, aperta e nelle mani di tutti noi.
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Data
dello spettacolo: 15
gennaio 2024
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso
gratuito
Di
e con: Sara Moscardini
Coordinamento
drammaturgico: Guido
Castiglia
Collaborazione
alla messa in scena: Guido
Castiglia e Alessandro Rossi
Luci
e fonica:
Raffaele
Arru
Questo
spettacolo racconta di un’intima scoperta, di un viaggio tra gli
stati d’animo di Adele, una tredicenne che sta prendendo coscienza
di sé, del suo corpo e del suo orientamento sessuale scoprendo, con
stupore, che il suo cuore batte forte e i suoi occhi s’illuminano
di fronte ad una persona non prevista: Marta, la ragazza “col
cespuglio dai capelli biondi”. Adele comincia a scoprire se stessa,
è silenziosa, ha pochi amici e, a volte, fa cose che neanche lei
riesce a spiegarsi; saranno le parole di nonna Bice ad accompagnarla,
a rassicurarla e soprattutto a ricordarle, con affetto e tenerezza,
che quando le emozioni infuocano corpo e anima, anche se non sappiamo
dove ci conducono, è sempre meglio seguirle che restarne
indifferenti. Per la mamma di Adele, invece, lei non è che una
“piantina” che deve ancora trovare la sua strada e che dovrà
seguire la “giusta via” per non correre il rischio di
trasformarsi in un’ortica, una pianta selvatica “difficile” a
cui nessuno vuole avvicinarsi.
Lo
spettacolo nasce dalla volontà di affrontare, con un approccio
drammaturgico leggero e delicato, il tema della discriminazione,
dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere per
diffondere uno stimolo di riflessione sull’omofobia. Il mondo
emotivo di un/a adolescente è un labirinto in cui è facile
perdersi. “Fiori d’ortica, storia di un incontro tra due ortiche
in fiore” affronta con delicatezza e leggerezza un viaggio dentro
le emozioni di Adele, la protagonista della narrazione. Il viaggio di
Adele è un percorso emotivo alla scoperta del suo diverso
orientamento sessuale; la narrazione teatrale, con discrezione e
delicatezza, apre la porta su un sensibile universo emotivo, un luogo
dove, la protagonista del racconto, capirà che è necessario
prendersi cura dei propri sentimenti, senza tuttavia rimanerne
sopraffatti. Il tema dell’omosessualità non è qui trattato
direttamente ma trasversalmente, dando rilievo allo stupore delle
nuove emozioni di una adolescente.
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Data
dello spettacolo: 1°
febbraio
2024
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso gratuito
Pochi
sanno cosa sia stata, in tutto il suo orrore, la Risiera di San Sabba
a Trieste, unico lager nazista in Italia munito di forno crematorio
(da tremila a cinquemila le vittime). Un colpevole oblio ha soffocato
fin dall’immediato dopoguerra le voci, a volte ha inquinato le
prove, di quanto accadde poco più di settantacinque anni fa. Quando
gli storici triestini Marco Coslovich e Silva Bon dell’Istituto per
la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia mi
misero a disposizione le testimonianze dei sopravvissuti e le
deposizioni dei carnefici (criminali nazisti responsabili fra l’altro
dell’Aktion Reinhard, l’eliminazione di circa due milioni di
ebrei in Polonia), mi sono immediatamente reso conto di avere fra le
mani un patrimonio storico, sociale, politico e umano straordinario.
Un patrimonio che, a differenza di quanto successo in precedenza, non
andava dilapidato bensì valorizzato. Una visione “dal basso” e
“dal di dentro” di quei terribili avvenimenti, espressa con un
linguaggio del tutto particolare. «Credo che ogni persona dovrebbe
sapere e non dimenticare» afferma uno dei sopravvissuti. Questa
frase l’abbiamo fatta nostra nella speranza che, in nome dei valori
che ispirarono la Resistenza e la lotta di Liberazione, la memoria
storica di quel passato possa fare da argine, oggi, a nuovi e
pericolosissimi fenomeni nazionalistici, razzisti, fascisti e
xenofobi.
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Data
dello spettacolo: 30 gennaio 2024
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso
gratuito
Scritto
e diretto da: Chicco
Dossi
Con:
Simone
Tudda
Primo
spettatore: Renato
Sarti
Dalle
parti di Corso Magenta, a Milano, proprio davanti dal Teatro Litta,
c’è Largo Enzo Tortora.
Quasi
più una commemorazione che una targa toponomastica – non credo che
possieda nemmeno un numero civico – in piccolo, sotto il nome, reca
la scritta «giornalista» e le date di nascita e di morte:
1928-1988.
Più
per curiosità che per senso civico, un giorno, ho deciso di
informarmi. Ho scoperto che il «caso Tortora» era ben noto alla
generazione di mia madre e assolutamente sconosciuto alla mia. Un
caso di malagiustizia, forse ancora più eclatante perché perpetrato
ai danni di una persona nota agli italiani, dal momento che il suo
volto teneva banco per un’ora e mezza a settimana sulle reti
nazionali.
Il
monologo – interpretato da Simone Tudda (Segnalato al 30° Premio
Hystrio alla Vocazione) – si dipana in una narrazione continua dove
la diegesi oltrepassa i confini narrativi per sfociare nel dialogo,
risale nel resoconto storico, dove i dati sono sempre raccontati in
maniera essenziale per comprendere le vicende, si alterna tra la
terza persona di un narratore onnisciente che va a spiare i detenuti
del carcere di Forte Longone e la prima persona del giornalista, fino
a scavare nella sua interiorità nel momento dell’arresto, provando
a immaginare come possa essersi sentito, braccato in piena notte dai
carabinieri all’Hotel Plaza di Roma. Iniziano così i suoi anni
nell’occhio del labirinto, espressione che vuole unire la
claustrofobia di chi non sa quando, e soprattutto se, potrà uscire
dalla prigionia fisica e mentale con il voyeurismo giustizialista
della stampa che, per una copia venduta in più, non ha esitato a
ignorare i fatti per far posto al sensazionalismo più bieco.
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Data
dello spettacolo: 9 febbraio 2024
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso
gratuito
Di e con: Ciro Masella
E con: Vieri Raddi
Musiche di: Vieri Raddi
Un
appassionante e coinvolgente viaggio nelle storie di gruppi, team,
squadre di
donne
e uomini che hanno cambiato il mondo. Insieme.
Storie
senza eroe che hanno cambiato il mondo.
«Ma
davvero sono i singoli a fare la differenza nella storia? “No”,
dice Michela Murgia
in
questo suo ultimo lavoro. Dove, tra fiction e realtà, la morale è
una sola: si lotta e
si
vince in team. Un esempio? Rileggetevi come fu fondata Wikipedia» -
Robinson
Michela
Murgia ha scelto un libro che parla del «noi» a scapito del
singolo, dove
racconta
la valenza del gruppo e dell’essere felici facendo qualcosa
insieme. - La
Stampa
L'unione
fa la forza o chi fa da sé fa per tre? La realtà non lascia dubbi:
le cose che
contano
le abbiamo sempre fatte insieme, ma la letteratura continua a
restituirci la
trama
di una massa umana scolorita da cui spiccano solo i singoli eroi.
Sventurata
è la terra che ha bisogno di eroi, scriveva Bertolt Brecht, ma è
difficile
credere
che avesse ragione se poi le storie degli eroi sono le prime che
sentiamo da
bambini,
le sole che studiamo da ragazzi e le uniche che ci ispirano da
adulti. La
figura
del campione solitario è esaltante, ma non appartiene alla nostra
norma: è
l’eccezione.
La vita quotidiana è fatta invece di imprese mirabili compiute da
persone
del
tutto comuni che hanno saputo mettersi insieme e fidarsi le une delle
altre. È così
che
è nata Wikipedia, che è stato svelato il codice segreto dei nazisti
in guerra e che
la
lotta al razzismo è entrata in tutte le case di chi nel ‘68
guardava le Olimpiadi.
Michela
Murgia ha scelto sedici avventure collettive famosissime o del tutto
sconosciute
e le ha raccontate come imprese corali, perché l’eroismo è la
strada di
pochi,
ma la collaborazione creativa è un superpotere che appartiene a
tutti. Una
tempesta
alla fine sono solo milioni di gocce d’acqua, ma col giusto vento.
Data
dello spettacolo: 27 novembre
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso
gratuito
Uno
spettacolo di: Ciro Masella
Con: Ciro Masella, Olmo De Martino
Danza: Isabella Giustina
Video
e locandina: LindoraFilm
Collaborazione
ai costumi: Chiara Lanzillotta
Luci: Maurizio Gianandrea e Fabio Massimo Sunzini
Ideazione
spazio scenico e visual: Fabio Massimo Sunzini e Walter
Gismondi
Uno
degli inventori più importanti della storia, paragonato più volte a
Leonardo Da Vinci, figura con la quale condivide diversi
aspetti sia personali che di metodo scientifico, Nikola Tesla è il
responsabile dell’impostazione generale del nostro sistema
elettrico, in tutto il mondo, avendo inventato la corrente alternata,
e una delle intelligenze più luminose e prolifiche della storia,
dalla quale sono scaturiti più di cento brevetti e oltre settecento
invenzioni. L’uomo che ha trasformato la notte in giorno, Il
cacciatore che ha catturato la luce nella sua rete dalle profondità
della terra, Il guerriero che ha catturato il fuoco dal cielo,
a posteriori ritenuto Un uomo che non apparteneva al suo tempo (I
futuristi dicono che il XX e il XXI secolo sono nati nella testa di
Nikola Tesla), questo
creatore
di sogni è stato capace di immaginare il futuro. Ma l’uomo che
ha illuminato il mondo, questo grande pioniere e anticipatore, è
stato in vita ritenuto anche pericoloso, più che pazzo, ed è morto
in miseria in circostanze misteriose. L’uomo che sognava l’energia
libera rinnovabile, gratuita e pulita, per tutti, ma che ha
progettato anche il “raggio della morte”, colui al quale dobbiamo
invenzioni fondamentali come la diffusione radio, l’uso medico
della risonanza magnetica, la scienza della sismologia, la prima
stazione di energia idroelettrica, l’auto elettrica senza
generatore di corrente e tanto altro ancora, e che nel 1915 rifiuta
il Nobel per non dividerlo con l’odiato Edison, e anche perché nel
1909 era andato a Marconi per l’invenzione della radio, che
l’italiano non avrebbe mai potuto brevettare senza le scoperte e le
intuizioni di Tesla, del quale era stato seguace e “allievo”,
come decretato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Nikola Tesla ha
contribuito a forgiare il mondo così come lo conosciamo oggi, ma
soprattutto ha immaginato un mondo futuro possibile, quel mondo in
cui l’uomo non può pensare di vivere se non in armonia con il
proprio pianeta e con le sue creature, dove la scienza non può non
essere etica, umana, morale. Forse la maggiore eredità di Tesla è
il suo spirito creativo, che non mette confini al pensiero,
all’intuizione, e davvero crede che tutto sia possibile. Una mente
creativa, capace di immaginare il motore per la
produzione
della corrente alternata osservando il sole durante una passeggiata
in un parco, mentre recita a memoria il Faust di Goethe. Un
personaggio così complesso e ricco, così proiettato verso il futuro
da essere oggi così luminosamente contemporaneo, uno scienziato che
ha immaginato una scienza al servizio dell’uomo ma anche del
pianeta,
che sapesse prendere dal sole, dal vento, dalla forza dell’acqua,
dall’energia del mondo tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno per
vivere e progredire, non poteva non diventare un punto di riferimento
per riflettere sul tema scienza-etica e scienza-spiritualità, due
binomi che hanno attraversato ogni singola fibra, ogni gesto, ogni
respiro dell’uomo e dello scienziato Tesla. Questa figura dalla
carica poetica rivoluzionaria, questo visionario capace di immaginare
il futuro più lontano, mi si è parata innanzi come un forziere
carico di ricchezze, una fonte inesauribile
di
riflessione sul ruolo della scienza oggi, sul suo rapporto con
l’umano e con la natura, con il visibile e con ciò che non può lo
è, che non può essere visto.
Tesla
era scienziato ma anche filosofo, umanista, e di sé diceva: “non
sono uno scienziato. La scienza è forse la maniera più conveniente
per trovare la risposta alla domanda che mi perseguita da sempre, e
trasforma i miei giorni e le mie notti in fuoco. Quello che vorrei
sapere, ad esempio, è che cosa succede ad una stella cadente quando
il sole si spegne. Perché le stelle cadono, come polvere o come
semi. E il sole si disperde, nelle nostre menti. Nelle vite di molti
esseri…”Le sue parole, le sue scoperte, la sua umanità, la sua
ricerca forsennata della luce da restituire agli uomini, sono il
sentiero
che ho seguito in questo viaggio alla ricerca di quei frammenti, di
quelle schegge di luce lasciate da Nikola Tesla
nel suo passaggio su questa terra.
Data
dello spettacolo: 15 novembre
Luogo:
sala Eventi di Officina Giovani
Orario:
ore 9.00
Ingresso
gratuito